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La Lega attacca de Raho: indagò Siri per indebolirci

Anche l'allora sottosegretario, cacciato da Conte per una Sos, lamenta il "metodo Striano" contro di lui

La Lega attacca de Raho: indagò Siri per indebolirci
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È possibile che l'Antimafia sia stata piegata a strumento di lotta politica? Se lo chiedono in tanti dopo le rivelazioni di Libero sull'indagine che la Dna avrebbe fatto nel 2019 contro l'ex senatore leghista Armando Siri, cacciato da sottosegretario per l'immobile comprato con un mutuo contratto a San Marino. Galeotta una delle ben note Segnalazioni di operazione sospette o Sos su cui l'allora capo della Procura nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho, oggi parlamentare grillino, chiese lumi prima all'Uif (l'Unità di informazione finanziaria di Bankitalia) e poi alla Dia dopo averne sentito parlare sui giornali e a Report.

C'entrava la mafia? No. Allora perché occuparsene, è la domanda che Siri ieri rivolge alla collega di Libero Brunella Bolloli, autrice assieme a Rita Cavallaro del libro Il Verminaio sull'ufficiale Gdf Pasquale Striano e sui suoi presunti dossieraggi contro politici di centrodestra, manager e vip. Si decide nei prossimi giorni se Striano andrà processato per aver girato alcune di queste Sos a giornalisti amici (tre del Domani) facendo un danno non solo alla reputazione di Siri, per sette anni sulla graticola da innocente, ma soprattutto a uno strumento di lotta a mafie e riciclaggio fortemente indebolito.

Sappiamo che il vice in Dna Giovanni Russo aveva detto a de Raho di non fidarsi di Striano, ad allontanarlo sarà l'attuale Procuratore nazionale Giovanni Melillo) proprio mentre il parlamentare M5s che diceva di non conoscerlo - gli assegnerà un elogio. Oggi che de Raho milita nei Cinque stelle, che lo hanno collocato in commissione Antimafia, qualcuno pensa che quell'indagine avesse come obiettivo solo la demolizione della credibilità del Carroccio, che al tempo valeva più dei Cinque stelle con cui avrebbe governato sino al Papeete agostano di Matteo Salvini.

"Volevo capire se la Sos era uscita dai miei uffici", dirà de Raho, che aveva negato di averla saputa da fonti interne salvo chiedere alla Procura di Roma (siamo a giugno 2019) di poter sapere tutto sull'inchiesta, basata su tre reati diversi cambiati in corsa - amministrazione infedele, autoriciclaggio, finanziamento illecito ai partiti passando per l'autoriciclaggio - sollecitando altre tre Procure a scavare a fondo sul filone "finanziamento ai partiti" nonostante non fosse emerso nulla di concreto. "È l'ennesima manipolazione della verità per screditarmi in chiave referendum per la separazione delle carriere, querelo chi dice falsità", minaccia l'ex pm, con la deputazione Fdi in Antimafia che respinge l'accostamento tra la vicenda Siri e la riforma della giustizia: "Maldestramente tenta di sviare l'attenzione da una vicenda documentata anche in commissione, nata dalle denunce del ministro della Difesa Guido Crosetto, spiato con una quantità di accessi illegittimi impressionanti".

Quella di de Raho per la Lega "mafiosa" è una sorta di ossessione. Mentre Roberto Saviano teorizzava in tv il Dna 'ndranghetista della Lega Nord di Roberto Maroni per i presunti rapporti con boss e ed ex appartenenti alla destra eversiva per riciclare denaro sporco assieme all'ex tesoriere Francesco Belsito, condannato per aver truffato lo Stato e la Lega Nord sui rimborsi elettorali, de Raho da Procuratore capo di Reggio Calabria affidava al pm Giuseppe Lombardo il compito di indagare su una pista che da Milano portava i soldi della Lega con quelli della 'ndrangheta in Tanzania e a Cipro, con sullo sfondo una presunta Spectre che attraverso personaggi come l'ex ministro dell'Interno Claudio Scaiola avrebbe protetto soggetti in odore di mafia come l'ex parlamentare di Forza Italia Amedeo Matacena, morto latitante a Dubai (forse avvelenato dalla compagna) il 16 settembre 2022 proprio mentre stava per tornare in Italia causa prescrizione. Quando a Scajola, il processo per "procurata inosservanza della pena" è finito con un nulla di fatto dopo più di 120 udienze, con mea culpa dell'accusa.

Lui stesso tempo fa al massmediologo Klaus Davi ricordava i robanti proclami di de Raho ("svelata la cupola fra massoneria, 'ndrangheta e politica") e lo sgretolamento dell'alchimia finanziaria che secondo Striano sarebbe servita a nascondere il patrimonio di Matacena, ma anche i dubbi sull'indagine manifestati sottovoce da uno degli inquirenti rimasto anonimo. Mentre il tenente colonnello della Dia Omar Pace, compagno di scrivania di Striano alle Sos, moriva suicida in circostanze che non hanno convinto la famiglia, e non solo loro.

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