Legge elettorale: obiettivo governabilità

Viaggio tra i partiti in vista della riforma del premierato. Tra chi prende tempo e chi teme imboscate

Legge elettorale: obiettivo governabilità

Tutti lo negano, ma ogni legge elettorale nasce sondaggi alla mano e ogni partito vuole il sistema che può far aumentare i propri voti. Solo pochi mesi fa i conservatori inglesi invidiavano i francesi per il doppio turno che avrebbe limitato la sconfitta e la destra francese valutava che avrebbe avuto la vittoria con il maggioritario britannico. I politici ragionano tutti così, anche se la ministra per le Riforme, l'azzurra Elisabetta Casellati, avverte: «La legge elettorale non è fatta per il centrodestra ma per il Paese, cercheremo il dialogo con tutti».

È la «sua» riforma sul premierato ad accelerare il dibattito sul sistema di voto che porterà a Palazzo Chigi il primo capo di governo eletto direttamente dagli italiani. Un dibattito che di solito si avvia a fine legislatura e non prima, appunto perché ogni partito vuole avere chiare le sue possibilità di migliorare la posizione con un sistema o l'altro, sulla base delle intenzioni di voto. Stavolta, invece, la riforma costituzionale fortemente voluta dalla premier Giorgia Meloni nel nome di governabilità e stabilità pressa le forze politiche sul fronte elettorale. A giugno il premierato ha avuto il primo sì al Senato, si arriverà al dunque solo l'anno prossimo e il cammino è lungo, ma anche il fatto che il testo preveda un premio di maggioranza in Costituzione riapre il dibattito, con le opposizioni che reclamano chiarezza sul sistema elettorale prima e non dopo la riforma.

Si rischia di aumentare le turbolenze tra i partiti e contribuisce l'indiscrezione di Repubblica, secondo cui si lavora a un nuovo Porcellum, un sistema proporzionale con listini bloccati ma senza preferenze. In comune centrodestra e sinistra hanno l'obiettivo del bipolarismo, ma i distinguo sono molti e Casellati smentisce di volere questa soluzione e chiede collaborazione a tutti per arrivare alla riforma migliore: «Non ho ancora assunto una decisione, anche perché non ho ancora dato avvio alle consultazioni». A luglio aveva detto che il punto di partenza è il Mattarellum, «sistema misto, maggioritario e proporzionale, che potrebbe favorire la formazione di aggregazioni prima del voto anziché dopo» e aveva preannunciato un testo per ottobre.

Adesso, però, sembra di vedere sull'asfalto politico una netta frenata. In Fdi, tra i più vicini alla premier a Palazzo Chigi e in parlamento, si nega che sia stato già avviato un confronto sulla legge elettorale. «A tre anni dalla fine della legislatura? Sarebbe una follia!». Nella maggioranza non ci sarebbe accordo su questo tipo di proporzionale, che piacerebbe soprattutto a Forza Italia. Con il suo 10% diventerebbe l'ago della bilancia di ogni futura maggioranza, anche se sarebbe escluso un allontanamento dall'attuale coalizione. Dopo il buon risultato delle Europee, le battaglie sui diritti - dallo ius scholae alle carceri - del leader Antonio Tajani servono a sottolineare sempre più l'identità liberale azzurra. Dice il portavoce Raffaele Nevi: «Non vogliamo assolutamente scardinare la coalizione. Anche sulla legge elettorale intendiamo concordare ogni passaggio con gli alleati, ma prima bisogna sciogliere il nodo della forma di governo e vedere se il premierato passerà». Molta prudenza, insomma, in casa azzurra. Certo, si ritiene che la legge attuale alteri la rappresentanza e che il proporzionale sia il sistema migliore, ma sempre assicurando la governabilità con un premio di maggioranza.

In realtà, proporzionale dice poco, perché sono tante le varianti. Spiega il meloniano Alberto Balboni, presidente della commissione Affari costituzionali del Senato: «Fdi ha una vocazione maggioritaria e la nostra premier ha sempre detto di essere a favore delle preferenze, ma ancora non c'è una posizione unitaria. L'obiettivo è garantire la facoltà di scelta del cittadino sui candidati, sta ai partiti trovare gli anticorpi per eventuali distorsioni. La scelta è tra collegi uninominali e liste corte appunto con preferenze. Inevitabilmente si va verso un proporzionale con premio di maggioranza e anche l'attuale legge si può utilizzare per questo. Comunque, è davvero troppo presto per indicare una soluzione».

E la Lega? Concentrata com'è a livello territoriale è impegnata a risolvere i problemi di leadership di Matteo Salvini, rimane fedele al maggioritario ma per ora non si espone. «La discussione sulla legge elettorale mi sembra davvero prematura - dice il capogruppo al Senato, Massimiliano Romeo - e nessuno ha aperto un confronto sul tema, né ci ha coinvolti. Adesso stiamo pensando a ben altro, a partire dalla manovra economica, quando sarà il momento valuteremo le diverse ipotesi».

A sinistra finora il premierato è stato visto solo come svolta autoritaria e il dialogo sulla legge elettorale sembra difficile. Anche se l'ipotesi di un sistema proporzionale con listini, un mix che assomiglia all'uninominale, aggregherebbe le coalizioni e favorirebbe i grandi partiti, quindi dovrebbe piacere ad Elly Schlein, anche con le preferenze.

Chi proprio non può seguire questa strada è il leader del M5S Giuseppe Conte, che sarebbe costretto al campo largo con i dem.

E, naturalmente, anche Carlo Calenda con quel che resta della sua Azione vedrebbe scomparire ogni velleità di Terzo Polo, se ancora ce ne fossero adesso che Matteo Renzi ne ha cantato il De profundis e guarda a sinistra con Italia viva pronta ad entrare nel campo largo.

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