Politica estera

L'Europa boccia Varsavia. È guerra sulla giustizia. "Tribunale Ue corrotto"

Stop alla riforma polacca: "Viola il diritto dell'Unione". La replica: "Verdetto politico"

Mateusz Morawiecki
Mateusz Morawiecki

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L'Europa boccia Varsavia. È guerra sulla giustizia. "Tribunale Ue corrotto"

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Diritto comunitario calpestato, accusa Lussemburgo. Una farsa, replica Varsavia, sentenza corrotta scritta da politici che vogliono ancora magistrati politicizzati. Aspro scontro sull'asse Ue-Polonia alla voce giustizia: se da un lato la Corte europea boccia la riforma polacca varata nel 2019 perché sarebbe contraria al diritto comunitario, dall'altro il governo guidato da Mateusz Morawiecki definisce la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea (Cgue) corrotta perché in violazione con le competenze nazionali, in un potenziale antipasto di campagna elettorale di cui vorrebbe approfittare Donald Tusk.

La tesi dei giudici lussemburghesi è che il valore dello Stato di diritto è insito all'identità stessa dell'Unione «quale ordinamento giuridico comune e si concretizza in principi che comportano obblighi giuridicamente vincolanti per gli Stati membri». Di conseguenza, proseguono, tutti gli Stati membri sono tra l'altro «tenuti a provvedere affinché sia evitata qualsiasi regressione, sotto il profilo del valore dello Stato di diritto, della loro legislazione in materia di organizzazione della giustizia, astenendosi dall'adottare norme che possano pregiudicare l'indipendenza dei giudici». Immediata la replica polacca, per bocca del ministro della Giustizia, Zbigniew Ziobro, secondo cui «il tribunale principale dell'Ue è corrotto e la decisione non è stata scritta dai giudici, ma dai politici in violazione dei trattati». Raddoppia la dose il viceministro della Giustizia polacco, Sebastian Kaleta, secondo cui «sebbene l'Ue non abbia la competenza per valutare l'organizzazione della magistratura nei trattati, la Cgue ha concluso che può valutare la magistratura polacca». Il riferimento è al fatto che, stando alla sentenza, in Polonia i giudici possono mettersi in discussione a vicenda «impunemente», oltre che certificare come i polacchi non hanno diritto all'informazione per verificare se i giudici che giudicano i loro casi siano attivisti politici. «Questa è una farsa e un'ulteriore prova che nessun compromesso sarà rispettato dall'Ue», ha scritto in un tweet il componente del governo.

La parte «incriminata» della riforma attiene al sistema disciplinare dei giudici e la relativa indipendenza, su cui si è concentrata l'azione dell'opposizione guidata dall'ex Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, che scalda così i motori in vista del voto di ottobre: sfruttando il contenzioso aperto con l'Ue, Tusk domenica scorsa ha convocato una massiccia protesta antigovernativa di piazza a Varsavia annunciando la partecipazione di 500.000 polacchi, tra cui che Lech Walesa, ex leader di Solidarnosc, puntando così ad accreditarsi come alternativa al partito conservatore-nazionalista al timone attualmente nel paese. Secondo il ministro polacco per l'Unione europea, Szymon Szynkowski vel Sk, alcuni pezzi della sentenza però non sarebbero più validi o sono stati aboliti.

Intanto in Italia la sinistra attacca con Andrea Orlando (Pd), secondo cui il premier dovrebbe prendere le distanze dall'alleato europeo, e con Sandro Gozi (Renew) per il quale Europa significa tutela dello stato di diritto.

Ma leggendo nel dettaglio il dispositivo europeo, emerge che secondo il tribunale la legge polacca richiede ai giudici di divulgare pubblicamente l'appartenenza a un'associazione o a un partito passaggio che, secondo gli estensori della riforma del 2019, metterebbe fine una volta per tutte alla cosiddetta magistratura politicizzata.

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