Coronavirus

L'Europa dei focolai fa paura. Ma l'Ue non chiude i confini

In Francia oltre 3mila casi in un giorno. Bruxelles insiste: "Limitare le restrizioni a circostanze eccezionali"

L'Europa dei focolai fa paura. Ma l'Ue non chiude i confini

Un'Europa coniugata al male minore. La situazione dei contagi sta sfuggendo di mano eppure la chiusura delle frontiere fa più paura. L'Europa trema davanti a un nuovo blocco delle frontiere perchè non se lo può più permettere, l'economia sarebbe messa troppo in difficoltà, «Il ripristino di restrizioni e controlli alle frontiere inefficaci deve essere evitato», avvertono dall'Unione europea. L'Oms riferisce di oltre 294mila nuovi casi registrati nelle ultime 24 ore, il dato giornaliero più alto dall'inizio della pandemia. La Croazia che registra un'impennata di casi ammette: «senza i turisti sarebbe stato peggio». Siamo al male minore appunto.

Fa paura la Francia che registra un nuovo record giornaliero di casi di coronavirus da quando, a maggio, è terminato il lockdown: nelle ultime 24 ore i nuovi casi sono stati infatti 3.310. Preoccupa la Spagna e la Croazia, eppure l'Europa sceglie di salvaguardare l'economia e di «Mantenere comunque le frontiere aperte».

Il virus ha ricominciato a viaggiare rapido. E gli italiani se lo portano a casa. I positivi registrati negli ultimi giorni hanno tutti la stessa storia: contagiati in vacanza. Eppure anche se trema, l'Europa preferisce aspettare e gli Stati adottare misure di contenimento del tutto relative. Insomma, anche se la situazione si sta notevolmente complicando, secondo la Commissione europea, i criteri per la chiusura delle frontiere devono essere «esigenti». Importanti. Ed evidentemente per loro non lo sono ancora abbastanza.

Con una lettera ai partner europei i commissari chiedono dunque di limitare le restrizioni a circostanze del tutto eccezionali. Bruxelles descrive la situazione sanitaria nella lettera come «volatile», con casi in aumento in alcuni Paesi, in diminuzione in altri. E sebbene sia consapevole che gli Stati hanno l'ultima parola sulle quarantene e sulla gestione delle frontiere, ricorda loro che l'Europa ha molto in gioco. «Data l'esperienza dell'inizio della pandemia, ci teniamo a sottolineare che il coordinamento resta fondamentale per garantire chiarezza e prevedibilità per i cittadini e le imprese, soprattutto nel settore dei viaggi».

Venerdì è stato un giorno nero per la mobilità: in sole 24 ore la Germania ha sconsigliato di recarsi in Spagna perché considerata una «zona a rischio». Il Regno Unito ha imposto una quarantena di due settimane ai viaggiatori provenienti dalla Francia. Eppure i numeri si impennano. E i singoli paesi si muovono in modo autonomo. La Spagna, che in 24 ore ha registrato quasi 3mila nuovi casi segnando il numero più alto da aprile, decide la chiusura dei locali notturni e il divieto di fumare per strada: ristoranti, pub e discoteche dovranno calare le saracinesche dall'1 e non potranno più accettare clienti da mezzanotte. «La risposta deve essere proporzionata, coordinata e basata su prove scientifiche», aggiunge il testo inviato agli ambasciatori dei Ventisette e del Regno Unito dal direttore generale della Giustizia, Salla Saastamoinen, e dal suo omologo per l'Interno, Monique Pariat. Il Community Executive ritiene che solo criteri molto esigenti possano giustificare restrizioni di viaggio. Per il resto si incrociano le dita.

E si leggono i numeri.

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