
Anziché preoccuparsi per i posti di lavoro italiani, oggi più a rischio di ieri, la sinistra sui dazi processa von der Leyen (spacciata per un fenomeno finché brandiva il capriccio verde) e la premier Meloni (fino a ieri descritta isolata e oggi all'opposto, cioè fallimentare suggeritrice perché improvvisamente rilevante). È incredibile e puerile quanto la sinistra dica tutto e il suo contrario pur di piegare i fatti al proprio pregiudizio un po' da cortile.
Ora, premesso che i dazi sono una bestemmia che farà male anche all'America, essendo una tassa sui consumatori americani, che falliranno l'obiettivo di portare aziende europee a produrre lì perché servirebbe manodopera (leggasi immigrati) che Trump non vuole, e detto che incassiamo quanto l'impalpabilità politica europea merita, prima di fasciarci la testa vediamo, nell'ordine: quanta elasticità avranno i nostri prodotti sullo scaffale americano, se gli americani saranno o meno disposti a pagarli di più, e se presenteranno il conto del rincaro a Trump, nelle urne, anziché ai nostri posti di lavoro. Vediamo anche gli altri accordi con Paesi esportatori negli Usa. Potrebbero avere dazi maggiori dei nostri, come l'India, e i nostri prodotti rimanere comunque più convenienti. Resta però la nostra debolezza politica: istituzionale perché l'Unione di oggi non funziona né può trattare alcunché (i contro dazi sommerebbero danno a danno, li pagheremmo noi europei), e sostanziale: abbiamo scioccamente scelto in vari settori cruciali di comprare anziché produrre.
Nella vita il conto arriva sempre e il preavviso americano viene da lontano. Già Obama ci definiva "scrocconi" della Nato; Trump in più ci rinfaccia i soldi spesi per difenderci, mentre noi li investiamo in auto che invadono il suo mercato quando non accade il contrario. Noi pretendiamo che lo status quo sia per sempre, e alziamo anche il sopracciglio tratteggiando spocchiosamente come un bovaro grossolano chi lo discute anziché munirci di carte da giocare. Abbiamo trasformato le istituzioni, italiane prima ed europee poi, da acceleratore di sviluppo per chi voleva fare a sciocchezzaio di dichiarazioni e petizioni di principio e capriccio, cioè chiacchiere, mentre gli altri concretizzavano. Difesa, infrastrutture tecnologiche, multinazionali sono state per anni tutte parolacce, da noi. E come dimostra la lunare inchiesta milanese contro Sala e compagni, accettiamo un dazio giudiziario che rischia di desertificare la locomotiva italiana di investimenti.
Ora, risparmiatemi almeno le lagne di qualche sindacalista che a crescita e competitività delle imprese italiane ha sempre fatto la guerra, di partiti dal pensierino luogocomunista che sulla difesa pensano che si possa essere un'Europa erbivora in un mondo carnivoro, o dell'agricoltore impigrito che qualche anno fa, allergico alla competizione che l'avrebbe reso più ricco e solido scelse il "no" al trattato di libero scambio col Nord America (che poi sarebbe lo 0-0 invocato e mancato dall'Europa chiacchierona, burocrate e autolesionistica di oggi). Impariamo la lezione e cambiamo. A favore dell'impresa.