
La guerra non è solo quella con le armi, c'è quella delle parole ancora più subdola che va respinta. Papa Leone XIV incontra la stampa di tutto il mondo, nella prima udienza in Aula Paolo VI, e parla ancora una volta di pace. Una pace, dice Prevost, che «comincia da ognuno di noi e il modo in cui comunichiamo è di fondamentale importanza: dobbiamo dire 'no' alla guerra delle parole e delle immagini, dobbiamo respingere il paradigma della guerra» scandisce davanti ai giornalisti che in questo tempo hanno seguito le notizie sulla morte di Francesco e poi il Conclave che ha portato all'elezione di Robert Francis Prevost.
Arriva accolto da un lunghissimo e caloroso applauso. Prende la parola in inglese e scherza subito: «Dicono che quando si applaude all'inizio non vuol dire tanto.... Se siete ancora svegli alla fine e volete applaudire, grazie tanto».
È un discorso, quello di Leone XIV, centrato sulla libertà di espressione e di stampa che deve guardare alla Verità, uscendo dagli stereotipi e dai luoghi comuni. «Disarmiamo la comunicazione da ogni pregiudizio, rancore, fanatismo e odio; purifichiamola dall'aggressività» scandisce. Prevost sottolinea come non serva una comunicazione fragorosa, muscolare, «ma piuttosto una comunicazione capace di ascolto, di raccogliere la voce dei deboli che non hanno voce». «Disarmiamo le parole e contribuiremo a disarmare la Terra. Una comunicazione disarmata e disarmante ci permette di condividere uno sguardo diverso sul mondo e di agire in modo coerente con la nostra dignità umana» sottolinea ricordando l'appello di Papa Francesco.
Un pensiero ai giornalisti incarcerati per aver cercato e raccontato la verità; il Pontefice statunitense esprime la solidarietà della Chiesa, chiedendone la liberazione. «La Chiesa riconosce in questi testimoni - penso a coloro che raccontano la guerra anche a costo della vita - il coraggio di chi difende la dignità, la giustizia e il diritto dei popoli a essere informati, perché solo i popoli informati possono fare scelte libere». La sfida, dunque, è di non cedere mai alla mediocrità ma è anche quella di «promuovere una comunicazione capace di farci uscire dalla 'torre di Babele' in cui talvolta ci troviamo, dalla confusione di linguaggi senza amore, spesso ideologici o faziosi».
C'è un passaggio anche sull'Intelligenza Artificiale. Il Papa parla del suo potenziale immenso, che richiede, però, «responsabilità e discernimento per orientare gli strumenti al bene di tutti, così che possano produrre benefici per l'umanità. E questa responsabilità riguarda tutti, in proporzione all'età e ai ruoli sociali».
L'invito, in una sorta di appello-slogan, è a «scegliere con consapevolezza e coraggio la strada di una comunicazione di pace».
Al termine dell'intervento, il Papa si avvicina a un gruppo ristretto di giornalisti per salutarli uno ad uno. Ascolta con attenzione le loro parole, scherza, riceve alcuni regali, tra i quali una sciarpa di lana d'alpaca proveniente dalle Alpi. Firma autografi, si presta alle foto, mostrando affetto e simpatia. Scherzando dice di stare ancora imparando, quando chiede al reggente della Prefettura della Casa Pontificia se dovesse lui stesso distribuire i rosari. Ironizza con una giornalista vestita di bianco sull'abbinamento cromatico mettendosi di fianco per una foto. E a chi gli chiede se andrà a Nicea, Leone XIV risponde: «So del viaggio, lo stiamo preparando».
Qualche scambio di battute anche sul tennis, vista la sua passione. Una cronista propone di organizzare una partita di tennis per beneficenza per le Pontificie Opere Missionarie. «Io porto Agassi» aggiunge la giornalista.
«Va bene, basta che non porti Sinner» riferendosi al fatto che l'azzurro è numero uno al mondo ma anche perché il suo cognome, in inglese, significa «peccatore».Alla giornalista Usa che gli dice di essere stata sorpresa per la sua elezione, Leone XIV risponde: «Anche io».
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