
«È un'impronta molto densa, molto carica di materiale biologico. Non è il segno di una mano che tocca appena il muro, scendendo le scale di corsa. È una mano che pressa molto e per alcuni secondi. Siamo ragionevolmente certi che quella fosse una mano imbrattata di sostanza ematica». Ovvero di sangue. Il sangue di Chiara Poggi.
Giada Bocellari è una degli avvocati di Alberto Stasi. La battaglia per l'innocenza di Stasi la conduce da quasi vent'anni, da quando era nello studio di Angelo Giarda. E adesso ha il tono di chi vede la vittoria diventare possibile: soprattutto dopo la scoperta dell'impronta di Andrea Sempio, il nuovo indagato, sulle scale di casa Poggi.
Mettiamo però che il sangue non ci sia. La mano su quel muro, dice Sempio, l'avrò appoggiata scendendo a giocare in taverna.
«Vedremo cosa diranno le analisi, soprattutto se potremo esaminare l'intonaco raschiato nel 2007. Resta il fatto che Sempio ha sempre detto che lui andava a giocare nella saletta tv o nella stanza di Chiara: fine. Se ora ci dice che andava anche in cantina, perché non è una taverna ma una cantina, dirà cosa ci andava a fare. Non vorrei che si usassero due pesi e due misure. Dieci anni fa due impronte sul dispenser di un bagno dove Stasi andava abitualmente vennero usate per condannarlo. Adesso si vuole liquidare come irrilevante un'impronta lasciata accanto al corpo della vittima? Mi sembra un po' eccessivo».
L'ex procuratore Venditti ha difeso con forza la linea seguita gli anni scorsi, quando le tracce che portavano a Sempio vennero considerate scientificamente inattendibili. È cambiata la scienza o è cambiato l'approccio della Procura?
«Entrambi. Gli approfondimenti che sta facendo ora il procuratore Fabio Napoleone, nel 2017 non furono disposti. Venditti avrebbe potuto disporre una nuova perizia, come è accaduto ora, invece si limitò a interrogare il consulente precedente».
La nuova inchiesta nasce quasi per caso, quando la Procura di Milano inizia a scavare su minacce che erano arrivate proprio a lei. Ha mai capito chi la minacciasse?
«Purtroppo no. So che in quel periodo stavo scavando su alcuni suicidi avvenuti a Garlasco, mi sembrava importante capire il paese, le sue dinamiche, ricostruire vicende oscure come quella del santuario della Bozzola. Il problema è che erano episodi avvenuti diversi anni dopo la morte di Chiara. Avrei dovuto andare ancora più indietro negli anni, ma era impossibile».
Si è convinta ugualmente di un rapporto con la morte di Chiara?
«Se c'è un legame io non l'ho trovato».
Lei e il suo collega De Rensis ipotizzate comunque che a uccidere Chiara sia stata più di una persona. È vero che i rilievi dopo il delitto vennero fatti maldestramente, ma sembra impensabile che siano sfuggite addirittura le tracce di un secondo assassino.
«L'uccisione di Chiara avviene in tre fasi. Nella prima viene colpita vicino all'ingresso, nella seconda viene trascinata, nella terza dopo avere ripreso i sensi viene colpita molto più forte e buttata giù dalle scale. La prima e la seconda fase sono quasi incruente, c'è solo una macchia all'ingresso. È nella terza fase che la scena del crimine diventa un disastro, che si popola di sangue. Nella terza fase agisce sicuramente un solo soggetto, che lascia le impronte a pallini camminando nel sangue. Ma nella prima e nella seconda non c'è nessun motivo per escludere altre presenze».
Cosa aspettate per chiedere la revisione della condanna di Alberto Stasi?
«Dobbiamo vedere come va a finire la nuova indagine. Certo non aspetteremo la condanna definitiva di Sempio, che se anche arrivasse impiegherebbe molti anni.
Per chiedere un nuovo processo che riconosca l'innocenza di Stasi ci basta che la Procura di Pavia chieda il rinvio a giudizio di Sempio, sulla base di una ragionevole previsione di condanna. A quel punto almeno il ragionevole dubbio sulla colpevolezza di Stasi sarebbe ovvio».