L'ipocrisia dei magistrati: condannano tutti gli altri ma si rifiutano di pagare

Sono le toghe a stabilire la responsabilità civile dei professionisti E ora che devono risarcire gli errori si ribellano: «È normalizzazione»

I magistrati come medici, ingegneri, avvocati, giornalisti? No, loro respingono il paragone con ogni altra categoria che quando sbaglia paga. «La nostra - spiega il presidente Anm Rodolfo Sabelli - è una posizione unica, perché il giudice si trova di fronte due parti e quella che avrà torto sarà portata a reagire: quindi il rischio di un uso strumentale dell'azione civile è particolarmente elevato».

La riforma della responsabilità civile per l'Anm è un gesto «simbolico», dal «valore politico», un «tentativo di normalizzare la magistratura». Nel senso di farla diventare normale e non privilegiata.

Mentre il premier Matteo Renzi scrive su Twitter che la nuova legge, attesa da 28 anni, è «un gesto di civiltà», le toghe la contestano in una conferenza stampa, preannunciando denunce degli abusi e ricorsi di incostituzionalità.

«Eppure, sono proprio i giudici - spiega al Giornale Vincenzo Zeno Zencovich, ordinario di diritto comparato all'università RomaTre - a stabilire con le loro sentenze quanto sia ampia la responsabilità civile di automobilisti e avvocati, medici e giornalisti. La legge indica i principi generali, ma la giurisprudenza fissa i confini. Questo è inevitabile». E il civilista sottolinea che i magistrati sono anche gli unici a poter fissare i contorni della loro responsabilità civile.

Per Sabelli, il problema non esiste: «Il giudice - spiega - si dà una deontologia che non consente favoritismi. Infatti, la sezione disciplinare del Csm è molto severa. Il magistrato vive della sua imparzialità».

Rimane il fatto che, paradossalmente, le toghe che oggi insorgono contro la riforma che le riguarda, soprattutto negli ultimi anni hanno con le loro sentenze allargato la sfera di responsabilità civile di altre categorie. Comprese quelle che hanno a che fare con la vita dei cittadini, come i medici.

«Sono i più tartassati - spiega Maurizio Maggiorotti, presidente di “Amami”, associazione che tutela i medici accusati ingiustamente di malpractice - , hanno il 100 per 100 di possibilità di finire in tribunale e pagano 20 mila euro l'anno di polizza Rc. Perché non siamo paragonabili ai magistrati? Il nostro lavoro non è forse ad alto rischio?». Anestesisti, chirurghi, ortopedici, ginecologi sono gli specialisti più esposti alle denunce e il timore genera la cosiddetta «medicina difensiva», che costa allo Stato 10-12 miliardi l'anno in costosi esami.

«Dai primi anni 2000 - spiega il professor Zeno Zencovich -la Cassazione civile ha impresso una svolta, tutelando più il paziente del medico. È stato ribaltato il significato di responsabilità medica, che è ormai diventata quasi oggettiva». Sentenze che hanno introdotto il concetto di «danno biologico» e «danno psicologico» hanno aperto una voragine. «Sono concetti - spiega Gianpiero Malagnino, vicepresidente dell'Enpam, ente di previdenza dei medici - che non hanno in giurisprudenza limiti precisi, tanto che le assicurazioni non riescono a quotare questo tipo di danni. I magistrati parlano di effetto intimidatorio dei ricorsi e la serenità dei medici in sala operatoria conta meno?».

Forse sì, almeno per l'Anm. Per Sabelli la riforma si spiega con un «riequilibrio nei rapporti tra politica e magistratura», ma il vero intento è delegittimare giudici e pm, con una «campagna denigratoria». Dice che le toghe non si faranno «intimidire» e sfida il governo, che della riforma della giustizia in 12 punti ha realizzato ben poco, con un decalogo per la «buona giustizia», che riguarda prescrizione, corruzione, rieducazione della pena, processo civile telematico, lotta all'evasione, ufficio del giudice, nuovi cancellieri.

di Anna Maria Greco

Roma

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