«Lasciatemelo abbracciare, lasciatemi dire che ad Arezzo ci sono due vittime. Il gommista che ha sparato e il moldavo che è stato ucciso». Il 3 febbraio 2015, a Ponte di Nanto, in provincia di Vicenza, Graziano Stacchio, anzi, «il benzinaio Stacchio», fu costretto a sparare per difendersi. Un commando di cinque uomini assaltò la gioielleria di Roberto Zancan a pochi passi dal suo distributore. A morire fu Albano Cassol, un giostraio con precedenti penali. Allora, come oggi, l'Italia si divise. Matteo Salvini lo elesse a eroe, lo Stato lo processò per eccesso di legittima difesa. Prima di venire scagionato sono passati due anni. «E sono serviti 50mila euro per le spese legali, oltre a vivere con il dolore che mi porto e che la notte mi toglie il riposo. Abbiamo perso tutti. Oggi la gioielleria ha chiuso. Nessuna compagnia assicurativa era più disposta ad assicurarla».
Dopo 38 rapine, a Monte San Savino, in provincia di Arezzo, un gommista ha sparato e reciso l'arteria femorale proprio come fece lei e come lei è già un eroe del ministro degli Interni che gli ha telefonato e che ha garantito di assistere.
«Una cosa posso dirla. Quell'uomo è stato istigato e sono sicurissimo che non voleva uccidere. Si cerca sempre di far passare l'idea che esiste un'Italia assassina anziché comprendere che esiste un'Italia spaventata. Dalla mia vicenda, come da quest'ultima, a uscire sconfitto è lo Stato. Avrebbe dovuto impedire che ad Arezzo si consumassero due tragedie».
A Pacini potrebbe toccare la sua stessa sorte. Gli amici lo applaudono e presto potrebbe essere conteso dalle televisioni, tirato da una parte e l'altra. Si rivede?
«Sono certo che lo descriveranno come un giustiziere, altri, invece, si immedesimeranno in lui. La verità è che la paura è un diritto ma che la sicurezza deve essere un dovere così come le pene. Il ladro che ho sciaguratamente ucciso doveva trovarsi in prigione. Conosco carabinieri che hanno paura di intervenire perché sanno che la legge è a favore più dei criminali che di chi quei criminali li combatte».
Il rischio è però sempre la furia del galantuomo che si arma e che ristabilisce la giustizia. Crede anche lei che in Italia la legge sia severa con la difesa e garantista con l'offesa?
«Ogni secondo, in Italia, si consumano 13 rapine. È un'Italia che paga le tasse, che chiede solo di lavorare senza temere di essere uccisa per farlo. Scherzando, dico a mia moglie, che in Italia neppure il Papa si sente sicuro. Oggi esistono tre associazioni che si prendono cura delle vittime di furti».
Quante sono?
«3.600 e c'è un altro fenomeno. Sa a quanto ammonta il risarcimento per chi si è visto uccidere un familiare nel corso di una rapina? Una vita vale 7.500 euro. Non è prevista neppure l'assistenza sanitaria».
C'è chi attacca Pacini per attaccare Salvini che è il ministro del decreto sicurezza, del «prima gli italiani» e della legittima difesa. E c'è già chi pensa che cavalcherà questa tragedia. Lo pensa pure lei?
«Sente di essere dalla parte giusta e la sua convinzione cresce al crescere della sua capacità elettorale. Di fatto nel decreto ci sono alcuni inasprimenti delle pene che mi hanno rassicurato. Non è tutto ma qualcosa».
Ha dichiarato, in passato, che a cercarla è stata anche la sinistra prima ancora che
la Lega. Perché il rifiuto?«È vero. La sinistra mi ha cercato. La Lega mi ha chiesto di candidarmi. Ho rifiutato. Non si specula sulle tragedie. Non voglio essere un simbolo. La dignità vale più della popolarità».
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