Ancor prima di varcare le porte della Farnesina, è il ministro degli Esteri Antonio Tajani a precisare la linea del governo italiano: «In Africa non saremo predatori, dobbiamo aiutare a creare aziende e un tessuto industriale, solo così si può risolvere alla radice il problema migratorio». Il messaggio echeggia, e fra le delegazioni degli oltre venti Paesi che ieri hanno raggiunto Roma, per partecipare alla prima Conferenza internazionale su sviluppo e migrazioni promossa dalla premier Giorgia Meloni, cresce la predisposizione a ragionare di un Italia «centrale nel Mediterraneo», in cui l'inquilina di Palazzo Chigi non nasconde uno degli obiettivi primari: «I confini esistono e la migrazione va governata».
Cinque capi di Stato (Tunisia, Emirati Arabi Uniti, Mauritania, Libia, Cipro), 8 primi ministri (Libia, Etiopia, Egitto, Malta, Giordania, Nigeria, Algeria, Libano), e 8 ministri (Arabia Saudita, Marocco, Oman, Kuwait, Turchia, Grecia, Qatar, Bahrein). Ad accoglierli, la premier. Subito una stretta di mano con l'omologo egiziano Madbouly; poi la presidente della Commissione europea Von der Leyen e il N.1 del Consiglio europeo Michel e i rappresentanti dell'Unione africana. Partecipano anche i ministri dell'Interno Matteo Piantedosi e delle Infrastrutture Matteo Salvini: perché l'obiettivo non è solo quello di regolare i flussi.
Tajani, padrone di casa, parla di una Roma crocevia di dialogo e «confronto tra popoli che vogliono costruire una nuova stagione, che il Mediterraneo non sia un cimitero, ma un mare di pace». Von der Leyen elogia il memorandum stipulato poche settimane fa con la Tunisia grazie all'impegno italiano. "Un primo passo», chiarisce. Collaborare. E nel medio periodo anche sui rimpatri dei clandestini, tallone d'Achille dei Paesi Ue.
Meloni sprona i governanti africani, disponibili a percorrere anche le future iniziative: come il Piano Mattei per l'Africa, dopo l'estate. «Anche l'Italia è stata terra di emigrazione - ricorda la premier - per questo il primo obiettivo deve esser quello di lanciare progetti di sviluppo dell'area subsahariana, con azioni congiunte, su sei settori: agricoltura, energia, infrastrutture, educazione e formazione, sanità, acqua, igiene». La declinazione di un «nuovo rapporto basato su parità», insiste Meloni. Il presidente tunisino Kais Saied, già incontrato a Tunisi, registra l'evoluzione. Ma dice che non accetterà che la Tunisia sia un corridoio o un luogo di insediamento per gli immigrati. Più sfumato il rapporto con la delegazione libica.
Oggi partirà il primo volo Tripoli-Roma, «segnando la ripresa dei voli tra i due Paesi dopo una pausa di dieci anni. La conferenza prosegue a porte chiuse. E dietro le quinte si entra nel vivo. Invitati anche Cipro, Grecia, Malta e Spagna: i "MED5", precisa Tajani. Paesi di primo approdo, ragion per cui l'invito non è esteso alla Francia. Forse anche per quest'assenza, in una comfort zone creata ex novo, si registra un'evoluzione. Saied lancia un chiaro j'accuse che echeggia in ambito Ue: «Migrazione? Non è forse il risultato dell'altra migrazione che ci fu all'epoca del colonialismo?», tuona, chiedendo poi un nuovo fondo monetario internazionale finanziato dai crediti cancellati e dai soldi «rubati», per creare speranza e benessere a favore di tutti.
Un cambio di passo, che trova la premier Meloni sintonizzata. E chiudendo la conferenza alla Farnesina, puntualizza: «Quando una nazione è in difficoltà, anziché lavorare per destabilizzarla, preferisco accompagnarla per avvicinarla a standard che sono i nostri di riferimento, e il lavoro lo sta facendo la Commissione europea, non io», chiarisce, rispondendo anche alle critiche che ieri sono arrivate dalle opposizioni in Parlamento, per l'accordo siglato col governo tunisino giudicato miope sui diritti umani.
Non idee astratte, dice la premier: il commercio Italia-Africa ha registrato un incremento medio del 7%: 70 miliardi di euro. Lo scorso anno sono cresciute del 90% le importazioni. Il presidente del Consiglio europeo Michel avalla "l'essenziale collaborazione". Finora, però, nell'Ue si usava il bilancino. Ieri è stata certificata la priorità del dossier. Nasser Bourita, ministro degli Esteri del Marocco, definisce il vertice «una novità che arriva al momento giusto e dal valore aggiunto».
Quale? «Contrasto all'immigrazione illegale e sviluppo». La prima volta che tutti gli attori vengono coinvolti da parigrado per trovare soluzioni comuni, partendo dal sostegno ai Paesi di partenza. La battaglia all'illegalità dei barchini resta un tema centrale.
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