Europa

L'Ue vuol insegnare all'Italia il "dovere" dell'accoglienza

Bruxelles latita sugli sbarchi ma il cambio di marcia del governo italiano sveglia Germania e Francia

L'Ue vuol insegnare all'Italia il "dovere" dell'accoglienza

Il segnale di discontinuità dato dal governo Meloni ha svegliato dal letargo anzitutto Parigi e Berlino, che sui migranti erano state finora a dir poco distratte: sugli oltre 44 mila sbarcati in Italia da agosto ad ottobre, si contano infatti solo 112 ricollocati; 38 in Francia e 74 in Germania. E ieri, anche dal governo tedesco di Olaf Scholz (dopo la sponda transalpina), c'è stata una promessa al rialzo: «La Germania arriverà ad accoglierne fino a 3.500».

Si preme adesso sul confronto comunitario, con un piano di redistribuzione che - si spera - vedrà la firma in calce dei 27 Paesi. I presupposti non sono però dei migliori, con l'Ue alla finestra a dar giudizi in conferenza stampa, mentre l'Italia è alle prese con l'emergenza. «La Commissione europea non è responsabile del coordinamento di tali operazioni in mare, né dell'identificazione del luogo di sbarco», ha precisato ieri la portavoce Anitta Hipper, spiegando invece che per Roma «esiste un dovere sia legale che morale di salvare vite». Siamo al braccio di ferro: con Bruxelles che se ne lava le mani, e chiede a Roma di «minimizzare il tempo che le persone passano in mare». Certo, ammette la portavoce, «ci sono differenti caratteristiche, ma incoraggiamo le autorità a collaborare per agevolare lo sbarco». Se l'Ue latita, Emmanuel Macron ha già spedito in Sicilia tre funzionari. Voce grossa e azioni modulate hanno attirato l'interesse delle due cancellerie più importanti d'Europa. Ora tocca a Bruxelles. L'unica opzione messa in campo è della presidenza di turno del Consiglio dell'Ue, la Repubblica ceca di Petr Fiala, che prevede di ricollocare ogni anno 5-10mila migranti su base «volontaria». L'idea è di arrivare all'obbligatorietà. E per chi non volesse i richiedenti asilo, l'alternativa è un contributo finanziario ai Paesi di primo ingresso. Come l'Italia.

I tempi di lavoro per formalizzare questa «solidarietà flessibile» sono però quelli che sono. Non si dovrebbe chiudere accordi prima dell'8-9 dicembre: ma intavolare al massimo un confronto entro fine mese, per porre il tema all'ordine del giorno del Consiglio Affari Interni. La contingenza è evidente: 9 mila arrivi in pochi giorni. Lo stesso Scholz non nasconde una certa irritazione per l'imbarcazione finanziata dalla Chiesa evangelica tedesca, la Humanity 1, che insiste in una spregiudicata battaglia legale contro il governo italiano. «Se non sbarca l'ultimo, non ce ne andiamo», è la sintesi del 59enne comandante Joachim Ebeling. Un'impasse che ha costretto il cancelliere tedesco a cambiare linea. E dovrà forse fare lo stesso in sede europea. La vera soluzione, ha spiegato il ministro della Giustizia Carlo Nordio, sta «nell'accordarci con gli amici della Ue». Poi lavorare sul controverso Trattato di Dublino. Roma - con Cipro, Spagna, Grecia e Malta - proverà a superarlo, dando vita a una selezione dei flussi nei Paesi di origine. Ma per questo serviranno mesi. L'Italia ha già fatto la sua parte. E pure quella degli altri, visto che le Ong battono bandiere straniere. E se la Germania apre, la Norvegia no.

In attesa della quadra comunitaria, la Commissione Ue plaude ai passi di compromesso di Roma: «Accogliamo con favore il fatto che abbiano già sbarcato circa 500 migranti e che in Italia sia consentito lo sbarco di persone vulnerabili», ha spiegato Hipper. Dichiarazioni Ue da leggere però in chiaroscuro. «Dev'essere fatto ogni sforzo per assicurare che il tempo di permanenza sul navi dei migranti sia ridotto al minimo», ha aggiunto la portavoce della Commissione. Il braccio di ferro è solo all'inizio. Roma punta a ottenere richieste d'asilo sulle navi, destinate al Paese di appartenenza dell'imbarcazione. E ieri una fonte europea ha risposto sùbito «che è molto difficile come procedura, le leggi parlano chiaro». La strada intrapresa da Palazzo Chigi va però in questa direzione: registrare gli immigrati a bordo, con capitani che facciano i capitani e le persone reindirizzate nei porti di appartenenza della nave.

Tedesca, norvegese; lasciando poi a ciascun governo la possibilità di decidere se accogliere o pagarne le spese.

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