
Quando scendeva dalla sua Citroën DS presidenziale, il generale De Gaulle mostrava tutto il suo compiacimento per quell'auto, simbolo dell'industria automobilistica francese. Rigorosamente nera era soprannominata lo "squalo" perché la parte anteriore lo ricordava vagamente e si racconta che l'andasse ad acquistare personalmente.
Un celebre film, Il giorno dello sciacallo, ha immortalato la scena dell'attentato a De Gaulle a Petit-Clamart che realmente avvenne, il 22 agosto del 1962, qualche settimana dopo la controversa indipendenza dell'Algeria, ad opera dell'Oas, gruppo terroristico che si era opposto al distacco algerino. Il generale ne uscì indenne, nonostante le gomme mitragliate, l'auto riuscì a scappare grazie alle leggendarie prestazioni della DS e delle sue sospensioni idropneumatiche.
Chissà cosa penserebbe il mitico generale scoprendo che un suo successore si è rifatto l'auto presidenziale, di marca francese, sempre una Citroën, ma interamente costruita in Italia, nello stabilimento di Melfi, in Basilicata. La nuova Ds numero 8, prodotta da Stellantis, è tutta costruita nel Belpaese. Esemplare unico la Présidentielle ha fatto la prima uscita pubblica l'8 maggio scorso, in occasione delle commemorazioni dell'armistizio del 1945. All'interno un salotto di lusso, con quelle rifiniture artigianali in cui l'Italia è maestra, richiami alla bandiera francese e livrea blu zaffiro.
Per i francesi, notoriamente restii ad acquistare auto straniere, (oggi un po' meno), deve apparire quantomeno sorprendente che l'auto del capo dello Stato sia prodotta in Italia. Le polemiche non mancheranno.
Tutto sommato quello dell'auto è il problema minore. Per uno abituato, come il presidente francese Emmanuel Macron, ad essere per una vita primo della classe, sentirsi dire, come ha detto Trump, "è un bravo ragazzo ma quello che dice non conta nulla" deve essere stato uno smacco. Peggio che essere attaccato frontalmente. Eletto presidente della Repubblica alla soglia dei quarant'anni, ancor più giovane ministro dell'economia, ha avuto una carriera formidabile, preceduta da ottimi studi. Oggi mostra i segni di un forte logoramento. È di questi giorni un sondaggio (Ifop/Journal du Dimanche) che certifica come, insieme a François Bayrou, diventato primo ministro a dicembre scorso, formi la coppia esecutiva più impopolare della Quinta Repubblica. Il presidente raccoglie il 19% dei consensi, il primo ministro solo il 18%.
Peggio di Macron fece Hollande, precipitato al 13% ma poiché il suo primo ministro Manuel Valls aveva il 38%, la coppia era al 51%, contro il 37% del duo Macron-Bayrou.
Per tentare di risalire la china di questa situazione da qualche mese le président si è lanciato in un grande attivismo internazionale, a cominciare con la telefonata con Putin fino all'annuncio del riconoscimento dello Stato della Palestina di pochi giorni fa.
Sullo sfondo i problemi di una Francia, giustamente orgogliosa, attaccata alla sua grandeur, ma che non ha un governo con una maggioranza salda e che non è in grado di
fare quelle riforme sociali che servono a rilanciare la sua economia.D'italiano non c'è solo l'auto presidenziale ma anche il lessico che comincia a circolare sui giornali francesi, da "governo balneare" ad "autunno caldo".