Europa

Una maggioranza e tre idee di Ue. E giovedì Meloni vede Orbán

La premier al vertice di Budapest nello stesso panel con l'ungherese. Sul tavolo l'ingresso in Ecr. Domenica Salvini riceve Le Pen a Pontida

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Mancano ancora nove mesi alle elezioni Europee, ma nella maggioranza già ci si muove con uno sguardo agli equilibri e alle alleanze che dopo il voto del 9 giugno decideranno i nuovi vertici delle istituzioni comunitarie. Così, non è un caso che nel giro di quattro giorni vadano in scena sull'asse Budapest-Pontida due appuntamenti entrambi significativi. Il primo giovedì mattina, quando Giorgia Meloni sarà sulle rive del Danubio per partecipare al Summit demografico organizzato dal governo ungherese. Interverrà nel panel principale («La famiglia è la chiave della sicurezza»), insieme - tra gli altri - alla presidente dell'Ungheria Katalin Novák e al primo ministro ungherese Viktor Orbán. Il secondo domenica, quando a circa 900 chilometri di distanza Matteo Salvini farà salire Marine Le Pen sul palco di Pontida. Due rendez-vous non casuali e che raccontano perfettamente quanto la partita europea stia già facendo breccia nella politica italiana.

Se il leader della Lega vuole rinsaldare - anche pubblicamente - l'asse con la presidente del Rassemblement National (che in Europa milita nel gruppo di Identità e democrazia insieme al Carroccio e all'ultradestra tedesca di Afd), la premier è invece intenzionata a consolidare il rapporto con Orbán e il suo Fidesz, partito nazionalista che dopo l'addio al Ppe nel 2021 a Bruxelles non aderisce a nessuna famiglia politica. Tra i due, come pure con Novák (venuta in visita a Roma a fine agosto), c'è grande intesa su molti dossier, con la sola grande distanza dell'appoggio incondizionato a Kiev nella guerra con la Russia (sostegno su cui Budapest ha forti dubbi). È nelle cose, quindi, che nelle interlocuzioni tra Meloni e Orbán si possa ragionare anche sulla possibilità di un futuro ingresso della pattuglia degli eurodeputati di Fidesz (oggi sono 12) nel gruppo dei Conservatori e riformisti, partito di cui la leader di Fdi è presidente.

Pur essendo consapevole del fatto che l'ipotesi di una maggioranza Ppe-Ecr dopo il voto di giugno è di fatto quasi impossibile da un punto di vista aritmetico (i sondaggi peggiori danno comunque ai Socialisti e democratici almeno 140 seggi), Meloni vuole fare comunque il possibile affinché il gruppo dei Conservatori e riformisti sia il più corposo possibile, così da ritagliarsi un ruolo negli equilibri del prossimo Parlamento europeo.

Una partita che a Bruxelles l'allontana sia da Salvini che da Antonio Tajani. Il primo punta infatti su Le Pen e forse immagina anche di non votare il prossimo presidente della Commissione Ue se, come è altamente probabile, sarà frutto di un'intesa tra Ppe e Socialisti (a differenza di Meloni, che da capo del governo di un Paese del G7 farebbe molta fatica a sfilarsi). Il secondo, invece, è da tempo con Forza Italia il punto di riferimento italiano del Parito popolare europeo.

Dove Orbán non ha lasciato un bel ricordo, né prima né dopo la rumorosa rottura del 2021.

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