"Mancava del tutto la provincia". Perché Letta non può stare sereno

Il Partito democratico esulta per le vittorie in alcune città, ma ignora un fattore chiave: a queste elezioni "mancava del tutto la provincia, che tradizionalmente è più vicina al centrodestra"

"Mancava del tutto la provincia". Perché Letta non può stare sereno

No, Enrico Letta non può stare affatto sereno. Il segretario del Partito democratico esulta a gran voce per i risultati delle elezioni amministrative, che indubbiamente hanno premiato il centrosinistra. Ma l'illusione che il voto locale rispecchi le intenzioni nazionali può essere deleteria: per analizzare l'esito delle consultazioni territoriali occorre prendere in considerazione diversi fattori che forniscono una fotografia più realistica rispetto ai sogni del Pd. Partiamo da un punto semplicissimo: il centrodestra è ancora la prima coalizione nazionale, lo schieramento verso cui gli italiani hanno maggiore fiducia, nonostante la macchina del fango a orologeria. Ma c'è altro che non fa dormire sonni tranquilli al segretario del Pd.

"Mancava tutta la provincia"

Un altro piano di discussione è puramente numerico: alle amministrative erano chiamati al voto 12 milioni di elettori, ma si è espressa circa la metà. Invece alle elezioni nazionali gli aventi diritti al voto sono oltre 50 milioni e l'affluenza è indubbiamente più alta rispetto ai numeri risicati di questi giorni. Questo non rappresenta affatto una sfumatura marginale. A spiegarlo è la sondaggista Alessandra Ghisleri in una intervista alla Stampa: "A questo giro mancava del tutto la provincia, che tradizionalmente è più vicina al centrodestra".

C'è poi un ulteriore dato storico. Milano e Napoli vengono governate da tempo dal centrosinistra; a Roma e Torino ci sono state le sorprese Virginia Raggi e Chiara Appendino ma non sono città con forti radici di centrodestra. Letta, prima di fare chissà quali aspettative a livello nazionale, deve prendere atto che l'Italia non è fatta di grandi città capoluogo. "Più dei 12 milioni delle metropoli, pesano soprattutto i 35 milioni delle città di provincia. Dove magari l'affluenza anche stavolta è stata più alta. Attenzione dunque al voto nazionale, che può avere dinamiche molto diverse", fa notare la Ghisleri.

Le grane per Letta

Non mancano poi diversi ostacoli per Letta che sogna un "nuovo Ulivo", un fronte progressista allargato che coinvolga le diverse anime del centrosinistra. In tal senso avranno un peso cruciale i rapporti con il Movimento 5 Stelle, che teme di diventare un cespuglio del Pd e dunque non vuole appiattirsi a tutti i costi. Anzi, ieri Giuseppe Conte ha tenuto a chiarire il ruolo del M5S: "A Roma, Torino e Trieste saremo all'opposizione. Non faremo sconti a chi governerà le città". Un umore totalmente diverso rispetto alla corsa dei vertici grillini per abbracciare il giallorosso Gaetano Manfredi a Napoli.

Alla luce di tutto ciò appare evidente che eventuali elezioni anticipate potrebbero far correre un rischio al Partito democratico che, sebbene esulti per le vittorie in alcune città, non è ancora in grado di rappresentare la maggioranza degli italiani. Come si comporterà Letta in vista della partita del Quirinale? Sarebbe disposto a sostenere Mario Draghi con la possibilità di un ritorno anticipato alle urne? Il segretario dem è convinto che "la destra è battibile". Bene, può dimostrarlo a livello nazionale.

Forse però bisognerà aspettare ancora un anno. Se da una parte si ritiene difficile tornare al voto nella primavera del 2022, dall'altra è più probabile che vengano indette elezioni anticipate in autunno del prossimo anno. Come scrive Laura Cesaretti su ilGiornale in edicola oggi, il piano del Partito democratico potrebbe essere il seguente: eleggere Draghi al Quirinale, dare vita a una "maggioranza Ursula" (senza Lega, ma con Forza Italia e il M5S ormai ruota di scorta) e tornare alle urne il prossimo autunno. Magari per poi proporre Letta come candidato premier del fronte giallorosso.

Il Pd torna a litigare?

Il timore in casa Pd è che i litigi e le divisioni possano tornare protagonisti a stretto giro. È proprio la partita per il Colle a essere vista con preoccupazione: tra i dem c'è chi vuole l'accoppiata Draghi al Quirinale e Letta a Palazzo Chigi, mentre altri vorrebbero l'attuale premier alla guida del governo anche dopo il 2023.

Da qui l'ombra del congresso che, come scrive Marco Antonellis su Italia Oggi, dovrebbe essere convocato per il prossimo ottobre. Sul tavolo finiranno l'alleanza con i 5 Stelle e il futuro ruolo politico di Mario Draghi, temi cruciali che annodano una corda già di per sé aggrovigliata.

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