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La "mano fascista" del caso Matteotti ridotta a una bega di condominio

Più che la "mano fascista", cento anni dopo è una bega di condominio in salsa politica a rendere surreale una delle tante celebrazioni previste nell'anniversario del delitto Matteotti

La "mano fascista" del caso Matteotti ridotta a una bega di condominio

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Più che la «mano fascista», cento anni dopo è una bega di condominio in salsa politica a rendere surreale una delle tante celebrazioni previste nell'anniversario del delitto Matteotti. Quella raccontata da Concetto Vecchio su Repubblica è una vicenda dei giorni nostri che miscela tanti vizi italiani, dalla burocrazia alla privacy dei cittadini fino al protagonismo della politica. In poche parole, gli abitanti dell'elegante palazzo romano di via Pisanelli 40, dove uscì di casa l'ultima volta il deputato socialista prima di essere rapito e massacrato dalle squadracce fasciste, hanno votato contro l'apposizione di una nuova targa sulla facciata. Quella voluta dal sindaco di Roma Roberto Gualtieri (nella foto), che ha predisposto nell'epigrafe dedicata al parlamentare martire l'inserimento «della morte per mano fascista». Esiste già da tempo, una quindicina d'anni, una lastra che commemora la tragedia del 10 giugno 1924, senza riferimenti alla matrice politica degli assassini. A qualcuno andava bene così, altri non volevano attirarsi rogne o imbrattamenti indesiderati, altri ancora non si erano mai posti il problema.

La querelle piomba nel pieno della retorica sull'antifascismo di ritorno, quasi che le precedenti amministrazioni comuniste e progressiste di Roma dal 1976 fossero state poco sensibili al sacrificio di Matteotti. Dalle parti di Scurati e compagni non è parso vero fare collimare il centenario del primo grande omicidio politico italiano - totalmente imputabile al nascente regime di Mussolini - al regime immaginario attribuito a Meloni e a suoi ministri. Una strampalata caccia alle «inquietanti analogie» con il 1924 che sta ossessionando da mesi le opposizioni sconfitte quasi regolarmente alle urne. Per mano dell'elettore.

Non per «mano fascista».

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