
Riunione blindata sulla manovra ieri sera per i vertici della maggioranza. Vi hanno partecipato intorno alle 21 il leader di Forza Italia Antonio Tajani, quello della Lega Matteo Salvini, la premier Giorgia Meloni, il numero uno di Noi Moderati Maurizio Lupi e il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti. Da quanto filtra, tra le novità spunta la revisione dell'Isee: nel calcolo non verrà compresa la prima casa fino a un valore catastale di 100mila euro. Inoltre, il contributo che il governo intenderebbe chiedere alle banche sarebbe di 5 miliardi una tantum, per il solo 2026. E non passerebbe da un nuovo slittamento nel godimento dei crediti fiscali (le cosiddette Dta). Le prossime ore, in ogni caso, saranno decisive per risolvere anche questa importante partita per le coperture della manovra.
Sul tavolo sono stati messi tutti i nodi principali sulle misure da varare. Totale adesione al "metodo Giorgetti", ossia una manovra (che vale circa 16 miliardi) che permetta di centrare l'obiettivo di ridurre il deficit sotto al 3% e far uscire l'Italia dalla procedura europea per deficit eccessivo. Stabilite le dimensioni del campo da gioco, con i conti (il documento programmatico di bilancio) da inviare a Bruxelles entro mercoledì (ed entro il 20 ottobre alle Camere), si potranno poi decidere con esattezza quali misure varare e in che forma. Oggi sono in calendario gli incontri con le organizzazioni datoriali - da Confindustria a Confcommercio, dall'Abi a Coldiretti - alle cui richieste si cercherà di andare incontro. Dopo che sabato il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, aveva incalzato il governo con richieste di "misure poderose" soprattutto sul fronte degli incentivi. Si cercherà anche in questo caso di dare supporto alle imprese, magari con le risorse avanzate dai crediti d'imposta di industria 5.0 (oltre 5 miliardi). Dall'incontro di ieri sarebbe uscita una bozza che andrà poi limata e approvata nel corso del consiglio dei ministri in calendario per martedì.
Da Forza Italia prosegue il pressing per portare il taglio dell'aliquota mediana dell'Irpef dal 35 al 33% per i redditi da 28mila fino a 60mila euro (al momento il galio è certo solo fino a 50mila). Il punto è che per portare il limite da 50 a 60mila servono altri 2,5 miliardi e alcune voci influenti del governo ritengono che sia un dispendio eccessivo di risorse che andrebbe a premiare una cerchia ristretta di contribuenti, quindi con un rapporto costi-benefici non ottimale. Rimane tuttavia una misura molto efficace a livello politico e che andrebbe proprio nella direzione voluta dal governo (e più volte auspicata da Meloni) di andare incontro al ceto medio. Potrebbe passare una logica del doppio tetto: con un beneficio che arriverebbe al massimo a 440 euro per quei redditi compresi nella fascia da 50 a 200mila euro.
Sul fronte Lega, le questioni sono due: da un lato c'è la volontà di varare una rottamazione Quinquies "per dare respiro alle imprese" dalle cartelle fiscali, come ha detto pubblicamente lo stesso Giorgetti; dall'altra si vorrebbe congelare l'adeguamento dell'età della pensione alla speranza di vita che scatterà nel 2027. Per quanto riguarda la rottamazione, da quanto filtra, sembra che il problema sia come farla: l'orientamento prevalente sarebbe di introdurre alcune restrizioni (si era parlato addirittura di un acconto del 5%), cosa che andrebbe inevitabilmente a restringere la platea di coloro che potrebbero beneficiarne.
Per la seconda misura, l'orientamento del Tesoro sarebbe quello di congelare l'adeguamento solo per alcune categorie. Considerato che le risorse sono limitate, potrebbe essere necessario scegliere se rinunciare a una delle due misure o farle entrambe ma con un approccio selettivo che vada a ridurre i beneficiari.