nostro inviato a Johannesburg
"Il tema di chi abbia scritto il piano mi interessa poco, mi interessa qual è il piano dal quale partiamo e il piano al quale arriviamo". Al termine del ventesimo G20 il primo in terra d'Africa Giorgia Meloni fa il punto di un summit la cui agenda è stata fortemente condizionata dall'accelerazione imposta da Donald Trump ai negoziati di pace tra Russia e Ucraina. I tre pilastri tematici del vertice cooperazione internazionale, riduzione del debito e crisi climatica hanno infatti dovuto cedere il passo alla trattativa in corso tra Mosca e Kiev, con i leader riuniti a Johannesburg che hanno speso la maggior parte delle loro energie sui negoziati in corso a Ginevra. Proprio mentre la premier tiene un lungo punto stampa in una sala del Marriott Hotel che l'ha ospitata due giorni, nella città svizzera è infatti in corso l'incontro che vede il segretario di Stato Marco Rubio e l'inviato speciale Usa Steve Witkoff discutere con i rappresentanti di Ucraina, Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia. Ragione per cui durante il summit africano si susseguono riunioni su riunioni in formati diversi, call e videoconferenze, tutte focalizzate sul piano in 28 punti proposto dalla Casa Bianca e niente affatto gradito da buona parte delle cancellerie europee.
Una questione su cui Meloni continua a muoversi con estrema cautela, convinta che ci siano diversi punti da rivedere ma decisa anche a ribadire che il piano Usa è "una base di partenza" che ha "molti punti condivisibili". Perché, è il ragionamento della premier, l'importante è "l'obiettivo finale", cioè "una pace giusta e duratura". Non è utile alla causa, insomma, alimentare una contrapposizione tra un piano americano e un contropiano europeo, ma è bene concentrarsi sul risultato finale: "Mi interessa il piano al quale arriviamo". Prima di lasciare Johannesburg e partire per l'Angola (dove oggi parteciperà al vertice fra Ue e Unione africana), la premier fa dunque professione di diplomazia. Spiega di avere avuto "una telefonata abbastanza lunga" con Trump a cui ha partecipato anche il presidente della Finlandia Alex Stubb. Un colloquio nel quale Meloni ha "trovato disponibilità" da parte del presidente americano a rivedere alcuni passaggi del piano di pace. E il lavoro degli sherpa a Ginevra, aggiunge, "segue questo intendimento". Non è un caso che mentre dalla Svizzera filtrano sui media i 24 punti del piano americano "emendato" è proprio Rubio a definire la riunione "l'incontro più produttivo e significativo finora".
Nel colloquio con Trump, Meloni ribadisce anche le sue enormi perplessità sulla reale volontà negoziale di Mosca. Glissa sul fatto che il piano americano sarebbe troppo sbilanciato a favore della Russia, se non scritto da russi come afferma qualcuno, ma non lesina affondi a Vladimir Putin. Che, dice, "non ha la reale volontà di chiudere la guerra" ed è per questo che "dobbiamo andare a vedere il bluff con una proposta sensata". Secondo la premier, inoltre, "sarebbe una buona cosa ottenere almeno un cessate il fuoco temporaneo" da Mosca, che "continua a bombardare infrastrutture strategiche e civili" in Ucraina. Insomma, "anche i russi devono dare un segnale concreto di voler arrivare alla pace". Argomento, questo, che è stato oggetto del colloquio a tre tra Trump, Meloni e Stubb. Un fronte su cui sta avendo un "approccio costruttivo" anche il primo ministro turco Erdogan che, dice Meloni, "è tra i sostenitori del cessate il fuoco" e "ne parlerà con Putin".
La premier fa professione di diplomazia anche quando le chiedono delle critiche di Matteo Salvini, secondo cui lo scandalo sulla corruzione scoppiato in Ucraina dimostrerebbe che i "soldi degli italiani" invece di "aiutare i bambini" sono stati usati per "pagare mignotte e ville all'estero". Il suo "non è un controcanto" e "la mia maggioranza non è una caserma", assicura Meloni che sottolinea come sulla politica estera "ha sempre votato compatta". Il governo, dunque continua a lavorare al 12° pacchetto di aiuti militari e all'invio di generatori elettrici a Kiev, mentre per quanto riguarda l'eventuale adesione al programma Usa di acquisto di armi Purl (Prioritized Ukraine Requirements List) "non abbiamo una deadline" e "in futuro si vedrà".
Prima di lasciare Johannesburg con destinazione Luanda, c'è il tempo anche per
una punta d'ironia con i giornalisti: "Però questa la consideriamo una conferenza stampa o no?", dice sorridendo dopo 32 minuti e 14 domande davanti a telecamere e taccuini. Cosa che effettivamente non accadeva da tempo.