Meloni e il timore che al Cairo si arrivi a conclusioni sbilanciate

Improbabile che la premier partecipi al summit. Ci saranno gli Stati del Medio Oriente, non i principali leader Ue. Oggi in piazza in Egitto

Meloni e il timore che al Cairo si arrivi a conclusioni sbilanciate
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«Bisogna costruire le condizioni affinché si torni il più rapidamente possibile a negoziare con la politica e non con le armi». Nei suoi incontri di mercoledì a Palazzo Chigi e nelle sue interlocuzioni di ieri, Giorgia Meloni è tornata ad auspicare una de-escalation della crisi mediorientale. Come ha più volte sottolineato la premier, il sostegno dell'Italia a Israele «non è in discussione», ma è necessario che la diplomazia faccia il possibile per creare le condizioni di un dialogo che guardi in prospettiva a una soluzione accettabile per entrambe le parti e che salvaguardi la popolazione civile.

Un punto che Meloni ribadisce senza ingenuità, ben consapevole che siamo ancora nel pieno della crisi militare e con il rischio concreto e che la nostra diplomazia continua a considerare «probabile» che Tel Aviv proceda con l'operazione di terra nella Striscia di Gaza. Uno scenario che, inevitabilmente, farebbe ulteriormente salire la tensione.

Se si vuole guardare avanti con una reale prospettiva di pace, però, l'obiettivo di lungo periodo non può che restare quello dei «due popoli e due Stati». Magari anche grazie al contributo della comunità internazionale, che auspicava ieri il ministro degli Esteri Antonio Tajani in un'intervista al Corriere della Sera potrebbe ritagliarsi un ruolo a Gaza quando la situazione si andrà stabilizzando, seguendo la strada seguita con il Kosovo nel 1999.

Tutti ragionamenti di medio periodo, perché la contingenza del momento è di grande allarme per quello che potrebbe succedere nelle prossime ore. Ed è anche questa una delle ragioni per cui Meloni difficilmente parteciperà al vertice per la pace organizzato per domani al Cairo dal presidente Abdel-Fattah Al Sisi. Nei giorni scorsi Palazzo Chigi aveva dato una disponibilità di massima (sembrava potesse esserci anche il presidente americano Joe Biden), ma poi c'è stata la strage dell'ospedale di Gaza che ha fatto salire ulteriormente la tensione. Dopo l'appello di Hezbollah, infatti, ci sono state decine di cortei contro Israele in Libano, Giordania, Tunisia, Cisgiordania e Iran. E domani, alla vigilia del summit, proprio al Cairo è in programma una manifestazione (evento raro nella capitale egiziana) a sostegno di Gaza che preoccupa non poco il governo di Al Sisi.

Peraltro, almeno a ieri sera, al summit avevano aderito i leader di Qatar, Turchia, Palestina, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Kuwait, Arabia Saudita e Iraq. Mentre dell'Ue saranno certamente presenti solo Spagna, Grecia e Cipro.

Anche per questo Meloni resta molto dubbiosa sull'opportunità di esserci e sta attendendo le ripetute interlocuzioni tra Palazzo Chigi e le cancellerie europee. Perché in questo scenario il rischio concreto è quello che il vertice del Cairo si chiuda con una dichiarazione finale troppo sbilanciata sulle ragioni dei palestinesi.

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