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"Meloni in ritardo coi nomi". Ma la media è di 46 giorni

I precedenti smentiscono le accuse. Conte ce ne mise 89, Letta 62. Fdi: "Ripassatevi la Costituzione"

"Meloni in ritardo coi nomi". Ma la media è di 46 giorni

Le accuse di «ritardi» rivolte al centrodestra non hanno motivo d'esistere. Per formare un nuovo governo, è necessario attendere e seguire un iter. Lo stesso iter che per ora non ha neppure avuto inizio: un'informazione conosciuta da tutti ma che di questi tempi bisogna ribadire. Se non altro perché a sinistra provano a strepitare comunque. La statistica però non concede margini. A testimoniarlo è la storia delle tempistiche che hanno portato alla nascita degli esecutivi dal dopoguerra ai giorni nostri. Magari è il pregiudizio che dilaga tra i pensieri dell'opposizione a suggerire tentativi di attaccarsi a tutto: pure ad argomenti inesistenti. Il centrodestra dal canto suo procede. Anzi, c'è un'ipotesi complessa ma presente nel paniere delle possibilità: che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella possa conferire l'incarico a Giorgia Meloni entro il 21 o il 22 di ottobre. Ecco, in quel caso il prossimo sarebbe uno dei governi più rapidi a formarsi sin dal De Gasperi II. YouTrend, in un'analisi pubblicata lo scorso dieci ottobre, ha messo a sistema la casistica. Per il governo gialloverde presieduto da Giuseppe Conte - record al negativo - gli italiani hanno atteso ben ottantanove giorni. Per il Berlusconi IV, invece, solo ventiquattro: primato in classifica in positivo. Il presidente di Fratelli d'Italia potrebbe ricevere l'incarico attorno al 25 di ottobre, ossia subito dopo il Consiglio europeo a cui potrebbe prendere parte il premier uscente Mario Draghi. Sarebbe trascorso un mese esatto dalle elezioni politiche. La media, come ha specificato la fonte nella disamina, è quarantasei giorni. Non servirebbe aggiungere altro.

L'esecutivo guidato da Enrico Letta (2013-2014), che nel frattempo continua a confidare nella sfaldatura della maggioranza, ha impiegato sessantadue giorni, due mesi, per prendere vita. Dicevamo di chi prova a presentare una narrativa su lungaggini e divisioni. Il direttore de La Stampa Massimo Giannini, due sere fa, ha detto quanto segue a Otto e Mezzo, su La7: «La Meloni deve governare tutto questo. Naturalmente lo faranno. Draghi però ha fatto il governo in dieci giorni. E se il ritorno della politica è questa roba qua, vedo tante, tante difficoltà». Il premier in pectore ha subito tuonato: «Sento noti giornalisti - ha scritto via social - dire scandalizzati che Giorgia Meloni non è ancora riuscita a formare il governo, mentre Draghi ci ha messo solo 10 giorni. Vale la pena ricordare a questi professionisti dell'informazione che il Presidente della Repubblica non ha ancora dato l'incarico ad alcuno e nessuno può oggi formare un Governo. Se e quando riceveremo l'incarico, state tranquilli che non perderemo un minuto». Tra chi, nel centrodestra, ha voluto ricordare la realtà, c'è il meloniano Fabio Rampelli: «Ma quale ritardo! I detrattori a ogni costo di Giorgia Meloni dovrebbero ricordare che questa è una democrazia parlamentare. Fino all'insediamento del nuovo Parlamento, dell'elezione dei presidenti di Camera e Senato, della costituzione dei gruppi parlamentari, il Quirinale non può nemmeno stilare il calendario delle consultazioni», ha dichiarato il parlamentare. E ancora: «Il paragone fra la formazione del governo Draghi e il lavoro politico per la definizione del perimetro del governo Meloni è fuori ogni logica. Basta aprire un qualsiasi manuale di diritto pubblico o leggere l'articolo 94 della Costituzione: Il Governo deve avere la fiducia delle due Camere. Capre! Prima di parlare studiate i fondamentali».

Da sinistra continueranno a strumentalizzare anche le consuetudini dei processi istituzionali.

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