Dopo lo scivolone della scorsa settimana sul Def, Giorgia Meloni ha chiesto una decisa stretta ai bulloni della maggioranza. E ha dato mandato al ministro con i Rapporti per il Parlamento, Luca Ciriani, di sondare i capigruppo per concordare regole d'ingaggio che mettano al riparo il governo da simili figuracce. Anche perché i numeri - soprattutto alla Camera - non giustificano passi falsi che, inevitabilmente, sono percepiti all'esterno come il frutto di semplice sciatteria. Con inevitabili polemiche, destinate - non potrebbe essere altrimenti - a ricadere proprio su Palazzo Chigi. Magari - proprio come accaduto sul Def, con Meloni che nei minuti del voto era a Downing Street - mentre la premier è impegnata su altri e più importanti fronti. Così, anche in vista della fiducia di ieri sul decreto Cutro (213 i «sì») e di quelle in programma fra due settimane sul dl Ponte di Messina e sul dl Bollette, la presidente del Consiglio ha mandato Ciriani in avanscoperta. Per ragionare insieme ai capi gruppo su una sorta di patto di consultazione per evitare incidenti e con l'obiettivo di dare una decisa stretta alle missioni (non tanto quelle, inevitabili, di chi ricopre incarichi di governo, quanto tutte le altre). Con Tommaso Foti, presidente dei deputati di Fdi, Ciriani aveva parlato già martedì. Con Forza Italia - presente il capogruppo alla Camera, Paolo Barelli, e i delegati d'Aula, Alessandro Battilocchio e Mauro D'Attis - si è invece confrontato ieri, nel suo ufficio di Montecitorio. Solo un velocissimo incrocio in Transatlantico, invece, con il presidente dei deputati della Lega, Riccardo Molinari. Martedì i due non si sono visti perché il leghista era impegnato a Milano, mentre ieri non hanno comunque trovato il tempo per sedersi attorno a un tavolo su quella che Meloni considera una priorità.
D'altra parte, sono diversi i big della Lega che ieri in Transatlantico non esitavano a ridimensionare lo scivolone sul Def, attribuendolo ad «un errore di valutazione del governo». Insomma, un certa freddezza del Carroccio. Piuttosto stonata rispetto alla chiamata alle armi di Meloni. Con i gruppi di Fdi e Forza Italia che per la fiducia di ieri sono quasi arrivati a fare stalking sui propri deputati. Foti martedì ha scritto nella chat del gruppo, spiegando che ieri la presenza era «tassativa». È stata persino richiamata a Roma la deputata Alice Buonguerrieri, che aveva deciso di restare in Emilia Romagna, nel suo collegio elettorale funestato dall'alluvione. Mentre in Forza Italia sono state ripetute le sollecitazioni, sia nella chat dei deputati che con un giro di telefonate dalla segreteria del gruppo a ogni singolo parlamentare.
Un Carroccio, dunque, piuttosto freddo. Anche sulla Rai. Con la «norma Fuortes» che oggi dovrebbe andare in Consiglio dei ministri nonostante il braccio di ferro con la Lega.
Prima di «liberare» l'ad uscente, infatti, Matteo Salvini voleva garanzie sul successivo risiko delle nomine per evitare - dicono dal Carroccio - una «melonizzazione della Rai». L'ultimo strascico della lunga partita sulle nomine che da mesi sta accendendo la maggioranza.
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