Dopo mesi di caos e proteste i romeni scelgono Bruxelles

Affermazione della coalizione pro Nato e Kiev

Dopo mesi di caos e proteste i romeni scelgono Bruxelles
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L'immancabile «vittoria del popolo» contro l'establishment filo Ue, Nato e Ucraina non si è materializzata neanche in Romania. Nonostante un vantaggio di 20 punti percentuali nel primo turno di due settimane fa sul suo sfidante europeista sindaco di Bucarest Nicusor Dan, il candidato della destra populista George Simion ieri ha perso. Piuttosto di misura e anche grazie al voto degli elettori residenti all'estero, proprio come in Moldavia qualche mese fa, ma ha perso.

La tv romena ieri sera mostrava un vantaggio di sei punti circa (53 a 47) in lenta crescita mano a mano che lo spoglio procedeva, in attesa dei risultati dall'estero, certamente sbilanciati a favore di Dan. Alla chiusura dei seggi, alle 20 italiane, i dati degli exit poll indicavano la sconfitta di Simion mediamente in dieci punti.

E dunque, siamo davanti alla ripetizione dell'eguale, anche se ogni Paese fa storia a sé. L'onda che si oppone alle politiche di Bruxelles e che cerca in movimenti che si possono genericamente definire di destra sovranista un'alternativa spesso incarnata da personaggi improbabili, è in grado di catalizzare molto consenso un consenso che nei primi turni appare superiore a quello che può concretizzarsi nei secondi e che spesso spinge i media a titoli fuorvianti -, ma molto difficilmente di vincere. Perché regolarmente con rarissime eccezioni come di recente è accaduto in Slovacchia con Robert Fico - la maggioranza di elettori che di portare alla vittoria questi movimenti non ha alcuna intenzione, concentra i propri voti sui candidati filo Ue e prevale.

Nel caso specifico della Romania: gli elettori hanno preferito nonostante tutto, nonostante le accuse di corruzione e di inefficienza scaricate sul governo attuale da una propaganda sovranista che non si è risparmiata i colpi più bassi, un capo dello Stato che rappresenti continuità. Il che vuol dire che l'appeal dell'Europa resiste, che la maggior parte dei romeni preferisce stare senza equivoci nella Nato e lontani dalle sirene del Cremlino, e che i richiami sciovinisti di Simion a un recupero perfino territoriale ai danni di un'Ucraina da abbandonare a se stessa non hanno fatto presa.

Un qualche effetto deve aver prodotto la decisione di Simion di presentarsi a braccetto anche al seggio con quel Calin Georgescu la cui vittoria parziale al primo turno lo scorso novembre (poi annullato tra le

polemiche per decisione della Corte suprema di Bucarest) aveva choccato romeni ed europei, e soprattutto di annunciare l'intenzione di nominarlo primo ministro. Lì si è capito che Simion altro non era che un Georgescu mascherato.

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