Cronache

Metrò e Pat, l'eterno ritorno della storia

È sempre l'eterno ritorno dell'identico. Ovvero anche a Milano, così come nella Sicilia del gattopardo don Giuseppe Tomasi di Lampedusa tutto cambia, ma per restare esattamente come era prima

Metrò e Pat, l'eterno ritorno della storia

È sempre l'eterno ritorno dell'identico. Ovvero anche a Milano, così come nella Sicilia del gattopardo don Giuseppe Tomasi di Lampedusa tutto cambia, ma per restare esattamente come era prima. E allora anche a leggere le cronache di questi giorni, sembra di sfogliare un libro di storia della città. Con i luoghi anche fisici che tornano, dall'Atm delle mazzette al Pio Albergo Trivulzio, nuovamente sbattuto in prima pagina. Anche se, va ben precisato, questa volta per ben diversi motivi. E con l'accusa di scarso accudimento degli anziani nell'emergenza Covid sulla fondatezza delle quali ci sarebbe (e speriamo ci sarà) molto, ma davvero molto da dibattere. Figurine comunque mai sbiadite di un racconto non edificante della città, dove tra i tantissimi soldi che girano, sono comunque sempre troppi quelli che rimangono appiccicati alle mani di politici corrotti, dirigenti di aziende pubbliche infedeli e imprenditori spregiudicati. Perché, detto che per ora si parla solo di ipotesi accusatorie e il giudizio spetterà alle sentenze, a leggere intercettazioni ben poco equivocabili, sembra impossibile che anche dopo un cataclisma giudiziario, politico e financo di costume come è stata Tangentopoli, ci sia ancora qualcuno che allunga le mani sulle mazzette dopo aver truccato gli appalti. Ancora una volta per la metropolitana, così come successe ormai tre decenni fa quando proprio Atm finì nei centri concentrici in cui si allargò l'inchiesta di Mani pulite, coinvolgendo tutte le centrali degli appalti. Sempre il losco «sovrapprezzo» incassato sulle metropolitane, grande simbolo di una città che era da bere e che è rimasta la Milano che corre in una sorta di riedizione di quel 1992, quando le tangenti all'azienda del trasporto pubblico segnarono una delle prime inchieste di Mani pulite. Perché subito dopo le manette alla Baggina, primo atto della saga con le banconote gettate nel water, fu il «mariuolo» Mario Chiesa a cominciare a spifferare ai magistrati i traffici tessuti in una città in cui appalti, amministratori locali e politica andavano purtroppo d'amore e d'accordo. Come a dire, cambiati i nomi dei protagonisti e forse le finalità che erano di partito e oggi sono diventate di saccoccia personale, il virus dell'avidità umana scavalla con i miasmi dell'immoralità i decenni.

Senza nemmeno sentire il bisogno di mutare.

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