Moody's alza la stima del Pil ma poi avverte "L'Italia mancherà gli obiettivi sul disavanzo"

L'agenzia di rating: "In ritardo gli investimenti per il Pnrr, pesa l'energia"

Moody's alza la stima del Pil ma poi avverte "L'Italia mancherà gli obiettivi sul disavanzo"

È uno zuccherino al cianuro quello che Moody's rifila all'Italia. L'agenzia di rating Usa ritocca al rialzo la stima di crescita 2022 del Pil (da +2,7 a +3,7%), ma poi sparge veleno sul governo: sta segnando il passo negli investimenti legati al Pnrr e non riuscirà a centrare gli obiettivi fiscali. Per carità, si tratta di giudizi negativi contenuti in una «credit opinion» che non dovrebbero influire sulle future valutazioni sul nostro debito sovrano. Eppure, c'è poco da fidarsi. Soprattutto perché Roma è appena un gradino al di sopra del cosiddetto «non investment grade» (attualmente il nostro rating è Baa3), un livello che impedirebbe alla Bce di Christine Lagarde e a molti investitori istituzionali di acquistare i bond sovrani tricolori. Inoltre, avendoci affibbiato lo scorso agosto un «outlook negativo», Moody's mette implicitamente in conto un eventuale declassamento del giudizio di merito creditizio sull'Italia.

Sono fattori di cui tener conto proprio alla luce di quanto scritto nella «credit opinion», dove la lente si posa subito sulle risorse rese disponibili da Bruxelles, per mezzo del Next Generation Ue, in cambio di riforme strutturali e investimenti tesi a rendere il Paese più moderno. Moody's ricorda che la Commissione europea ha erogato 21 miliardi dopo che l'Italia ha raggiunto tutti i traguardi e gli obiettivi previsti per la prima metà del 2022 con il governo Draghi. Ma ora qualcosa sembra essersi inceppato. Avverte l'agenzia di rating: l'esecuzione dei piani di investimento è in ritardo e la Nadef mostra che entro la fine del 2022 sarà stato speso meno dell'1% del Pil rispetto a un obiettivo iniziale dell'1,7%. A rallentare la tabella di marcia è in particolare la liberalizzazione dei prezzi al dettaglio del gas, un'azione che «potrebbe rivelarsi politicamente difficile nel contesto dell'attuale crisi energetica e potrebbe ritardare l'erogazione della prossima tranche». Proprio il momento, assai delicato sul fronte energetico, dovrebbe essere considerato un'attenuante piuttosto che essere interpretato come una mancanza di volontà a riformare. Tanto più che è la stessa Moody's a riconoscere come le misure intraprese dal governo per contenere la domanda di energia abbiano portato a una riduzione dei consumi di gas del 5,2% tra gennaio e settembre, con l'industria a guidare il calo (-12,4%) mentre le famiglie hanno tagliato del 4,4% i propri consumi.

Ma il vero banco di prova per Giorgia Meloni e la compagine governativa sarà il 2023, anno in cui l'agenzia di rating ha già detto giovedì scorso di prevedere una contrazione del Pil pari all'1,4%.

«L'obiettivo di disavanzo 2023 - scrive Moody's - è sostanzialmente superiore a quanto previsto dal governo Draghi a settembre - 4,5% del Pil contro il 3,4% - ma le misure più costose proposte in campagna elettorale, che comporterebbero disavanzi di bilancio più elevati, non sono all'ordine del giorno nel 2023». Come dire: non ci sono margini per manovre di tipo espansivo. Soprattutto se dovesse passare la proposta di riforma del Patto di stabilità, che costringerebbe l'Italia a indossare di nuovo il cilicio dell'austerità.

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