Navalny sfida Putin, ma l'Ue tentenna

L'oppositore: "Avanti con lo sciopero della fame". Bruxelles: no ad altre sanzioni

Navalny sfida Putin, ma l'Ue tentenna

Con un apparente gesto di considerazione per le proteste piovute da tutto il mondo, l'amministrazione del penitenziario di Pokrov ha reso noto di aver trasferito Aleksei Navalny nel «reparto ospedaliero» dell'istituto di pena, dove si curano i malati di tubercolosi. Apparente perché la decisione ha poco a che fare con la volontà di occuparsi seriamente della salute del leader dell'opposizione in Russia, e molto più con l'intenzione di impedire che Navalny venga visitato da medici di sua fiducia, i quali potrebbero indicare nell'avvelenamento subito nello scorso agosto la causa dei problemi di insensibilità agli arti di cui soffre. Situazione aggravata dallo sciopero della fame che il «detenuto che si comporta come un delinquente» come lo ha graziosamente definito l'ambasciatore russo in Gran Bretagna osserva da ormai venti giorni per protesta contro il trattamento persecutorio che subisce in carcere, che prevede di fatto la privazione del sonno e la convivenza con detenuti tubercolotici.

Nessuna visita medica privata dunque per Navalny, che si trova ora affidato a medici che sostengono di averlo trovato in condizioni «soddisfacenti». Il loro obiettivo è di mantenere in vita l'oppositore numero uno del presidente Putin anche ricorrendo, come già è stato minacciato, all'alimentazione forzata: al Cremlino interessa che Navalny non diventi un martire, e al tempo stesso che non nuoccia politicamente attirando su di sé l'attenzione dei media e delle cancellerie occidentali. Cancellerie che domenica avevano apertamente minacciato Mosca di «conseguenze» se Navalny fosse morto in carcere.

Ieri però sembra essersi svolto un nuovo deludente capitolo della nota serie «Europa che abbaia non morde»: il vertice dei ministri degli Esteri dei Ventisette ha infatti stabilito che per il caso Navalny, oltre che per la minacciosa pressione militare russa ai confini dell'Ucraina, non vengano decise ulteriori sanzioni contro Mosca. Il massimo che il responsabile della politica estera dell'Ue Josep Borrell si è lasciato sfuggire è stato un sibillino «ma le cose potrebbero cambiare». Forse, però, le conseguenze che il presidente russo teme di più non sono quelle internazionali. L'autocrate che ha fatto cambiare la Costituzione per garantirsi la possibilità di restare al potere fino a 84 anni e soprattutto l'immunità giudiziaria presente e futura sa bene che il consenso di cui ha goduto per un ventennio in patria è in continua erosione. Del resto, se non temesse di vedersi sfilare il potere, la persecuzione che ha voluto contro Navalny non avrebbe senso: gli basterebbe sfidarlo e batterlo in regolari elezioni. Putin sa bene, invece, che il blogger che ha diffuso le immagini che documentano la corruzione sua e dei suoi compagni d'avventura è l'unico in grado di coagulare attorno a sé un'opposizione potenzialmente vincente.

Per questo sarà molto importante vedere ciò che accadrà domani sera a Mosca e in tutte le altre principali città russe, dove i navalniani si sono dati convegno per far capire che non si arrenderanno nonostante le minacce di violenze poliziesche e di multe colossali contro i social che diffondono inviti a partecipare a manifestazioni proibite.

Lo stesso Navalny ha confermato ieri di non volersi arrendere al suo avvocato Aleksei Lipster che l'ha visitato in carcere, informandolo che la Corte Europea dei diritti umani ha notificato a Mosca un ricorso sul suo caso.

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