 
Questa è un'agiografia in chiave musicale di Carlo Nordio, ex magistrato che si sta prendendo molte rivincite dopo esser stato ingiuriato sin da quando divenne Guardasigilli tre anni fa: uomo che, dovete sapere, ama moltissimo Bach (Johann Sebastian) e poco o nulla Richard Wagner, e comprendere questo vale più di cento interviste. Nordio non ama la musica che si contorce per esprimere l'ego, ma l'ordine che diventa grazia, una matematica che sappia addirittura commuovere, una disciplina che salvi dal caos. Da questa predilezione può discendere anche un'idea di giustizia, avendo passato quarant'anni, Nordio, in un sistema giudiziario che si fingeva razionale ma che suonava come un'orchestra senza partitura, senza programma, tutti a suonare e nessuno che ascoltasse più. Quando gli è toccato riformare il sistema si è mosso appunto come un bachiano: con rigore, senza spettacolo e cercando un'armonia laddove regnava l'atonalità novecentesca.
La sua riforma, manco a dirlo, è una composizione a più voci: la separazione delle carriere è la prima fuga, non un atto di guerra bensì un principio d'ordine; l'accusa e il giudizio (come in una fuga a due temi) devono potersi inseguire senza confondersi. Non è divisione, ma chiarezza, non è sospetto, ma equilibrio, è un ritorno alla musica esatta e mai improvvisata: non può essere jazz, la giustizia.
Il sorteggio per il Csm è la seconda variazione: dopo decenni di correnti e di cordate, era diventato una sorta di melodramma politico cui Nordio ha risposto con un gesto di purificazione bachiana: eliminare l'arbitrio e restituire alla forma la sua neutralità. Nessun compositore sceglie le note per amicizia: il sorteggio è l'antidoto alla giustizia-spettacolo che scambia la toga per un costume di scena.
La terza voce è la Corte disciplinare autonoma per le toghe, quella che potremmo chiamare una fuga morale. Separata dal Csm e composta da magistrati e laici, mira a introdurre un principio di responsabilità che non sia corporativo: Bach direbbe che la libertà nasce dal limite, e Nordio traduce questo concetto in diritto. La giustizia deve saper giudicare se stessa senza indulgere, come una musica che si riascolta per correggersi. Ultimo l'accorciamento dei tempi processuali: oggi sono ridotti a un'interminabile sinfonia Mahleriana.
Ma restando a lui, all'uomo, c'è anche una tonalità emotiva che vale la pena di riconoscere, o che noi, in Nordio, ci sforziamo di vedere: quella della rivincita personale. È stato maltrattato, si è preso di avvinazzato e di gaffeur e di bollito, lo si è descritto come sempre dimissionario e quindi confuso, finito: niente di vero, mai. Era roba funzionale a chi non tollerava un magistrato che ha criticato la sua corporazione sin dagli anni Novanta, bassezze a cui lui non ha mai replicato: se non con la fermezza del basso continuo contrapposta ai clangori dei timpani e delle cazzate.
L'hanno visto arrivare, però non ci credevano lo stesso: oggi la sua Riforma è tornata in tonalità maggiore senza essersene in realtà mai andata, è sempre stata lì, però politicamente e mediaticamente è giunto il suo momento (bachiano) che è quello dove tema o soggetto principale (l'uomo dato per finito, lui) riemerge intatto e compiuto dopo lo sviluppo legislativo della sua riforma, per mesi ignorata o ridicolizzata, sempre rimasta in sottofondo senza alzare la voce, senza improbabili crescendo o "fortissimo" finali.
Carlo Nordio resta un giurista compositore anziché un politico improvvisatore: ed è quello che serviva. In un Paese che preferisca Wagner (magari) o meglio Giuseppe Verdi (purtroppo) si era più abituati alla retorica della tragedia, al melodramma, al pathos, al giudice martirizzato e non certo a un tecnico che sognasse un clavicembalo accordato dove ogni voce non si sovrapponesse alle altre. Non è poi così forzata, questa lettura musicale: la scena politica e giudiziaria può riassumersi in una contrapposizione dove un certo giornalismo suona in fortissimo mentre un altro, maggioritario, si crede autorevole perché è solo spettatore, non suona, guarda e subisce. Alla meglio vota.
Ieri Nordio ha auspicato che la magistratura "per l'amor del cielo, non si aggreghi a forze politiche per farne una specie di referendum pro
o contro il governo, sarebbe catastrofico". Proprio così. Niente finali wagneriani, niente caduta degli dei: solo lo stacco dell'ultima singola nota, ben sapendo che basta saltare un passaggio e saremmo da capo, sipario.