Digitare e punire. Scomunicati con una mail, processati con il click, allontanati con un post, sono 80 gli uomini politici che in sei anni sono stati espulsi o che hanno scelto la fuoriuscita dal M5s. Senza la tragicità dei regimi ma con il drammatico ghigno del suo capo, nessun movimento politico aveva fino a oggi, in maniera così organizzata, soffocato il dissenso, inseguito il compagno eretico comune per comune e casa per casa.
L'arcipelago gulag di Beppe Grillo e di Davide Casaleggio si è aperto nel 2012 con la condanna di Valentino Tavolazzi, consigliere comunale di Ferrara, accusato di deviazionismo e imputato «di organizzare fantomatici incontri nazionali» e di «non aver capito lo spirito del Movimento che è quello di svolgere il mandato amministrativo». In pratica: tacere. Era insomma la prima dimostrazione di tutta la ferocia che animava i capi del M5s ed era appunto solo la prima.
Maltrattandola con la metafora sessuale e consentendo agli attivisti del suo blog di lapidarla di commenti, nell'ottobre 2012, il comico ordinò la rimozione di Federica Salsi, consigliere comunale di Bologna, colpevole di aver partecipato al programma televisivo Ballarò, a quel tempo vietato e paragonato al punto G («quello che ti dà l'orgasmo nei salotti dei talk show»). Ma fu con l'elezione degli attivisti in Parlamento che i tribunali speciali di Grillo e Casaleggio vennero allestiti prima in maniera rudimentale e provvisoria, poi in maniera sempre più scientifica e spaventosa.
Servendosi di delatori, di stravaganti indizi raccolti dagli uomini della comunicazione del M5s, o ancora di «segnalazioni da parte del territorio», nel 2014 venivano «giudicati ed espulsi dalla rete» i senatori Battista, Bocchino, Campanella e Orellana. Mascherandosi dietro votazioni - della durata di poche ore e con risultati mai certificati da un ente terzo il M5s ha esiliato il senatore Marino Mastrangeli (per aver ceduto alle lusinghe televisive di Barbara D'Urso) e Adele Gambaro (per aver consigliato a Grillo di moderare i toni). Nel caso della Gambaro il motto francescano «uno vale uno» è stato sostituito in un post a firma di Grillo dal titolo «quando uno vale niente».
In sei anni le epurazioni hanno colpito anche europarlamentari, consiglieri regionali, consiglieri comunali, candidati sindaci, semplici militanti. In Piemonte, Fabrizio Biolè ha ricevuto una lettera del legale di Grillo dove gli veniva contestato il passato: aver ricoperto altre cariche politiche. A Firenze, nel 2014, per mettere ordine sono state chiamate le forze dell'ordine. Erano appena stati espulsi 20 attivisti. E non si è ancora capito se sia stata la buona amministrazione, a Parma, a costare a Federico Pizzarotti prima l'ostracismo e successivamente l'esclusione per la mancata comunicazione di un avviso di garanzia. È la stessa sorte toccata al sindaco di Gela, Domenico Messinese, che, per assicurare l'occupazione nella sua città, ha avvallato «un protocollo di Intesa tra Eni, ministro dello Sviluppo Economico e Regione Sicilia» e dunque è stato espulso.
E però è a Genova che si è manifestato in tutta la sua chiarezza l'assolutismo di Grillo che del M5s rimane «L'elevato». Annullando le consultazioni che l'avevano indicata candidata sindaca, a Marika Cassimatis è stato ritirato il simbolo del Movimento. Come gli ayatollah che conoscono quale sia il bene per i propri fedeli, Grillo ha fatto ricorso al suo spirito per spiegare il gesto: «Vi chiedo di fidarvi di me». Marika Cassimatis non si è arresa e ha ingaggiato una battaglia legale. Il Tribunale di Genova le ha dato ragione. Non è la sola.
A Napoli, 23 espulsi sono stati reintegrati da un giudice nel 2016; in sei hanno chiesto un maxi risarcimento di cinque milioni di euro; un altro, Antonio Tasso, è stato espulso e reintegrato. Per tutti gli eletti c'è poi la minaccia della penale: 100mila euro per i parlamentari; 150mila per i consiglieri comunali di Roma. Non ci sono però solo gli espulsi. Altri, come le anime cantate da Dante, sono in attesa di giudizio. Si tratta dei deputati palermitani che durante le elezioni comunali hanno pasticciato con le firme. Sono stati sospesi e lo sono ancora da quel comitato di garanzia a cui Grillo ha assegnato il compito di emettere le sentenze. Oltre ai sospesi ci sono anche gli allontanati. Sono i parlamentari che non hanno restituito le indennità ma eletti ugualmente in questa legislatura. Vivono nel lazzaretto del gruppo misto e aspettano la clemenza. Si è arrivati così alle ultime espulsioni di Gregorio De Falco, Saverio De Bonis, Andrea Mura, Giulia Moi e Marco Valli.
Chi sarà il prossimo? Per ogni parlamentare del M5s c'è una porta della giustizia come quella raccontata da Franz Kafka in «Davanti la Legge». Nessuno conosce cosa ci sia dietro quella porta. Nessuno conosce la pena. Tranne Grillo e Casaleggio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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