Non lo sanno, ma l'Anm si scioglierà

Con la separazione delle carriere, l'associazione non potrà rappresentare giudici e pm

Non lo sanno, ma l'Anm si scioglierà
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Un grande "non detto" della Riforma Nordio è che costringerà l'Associazione nazionale magistrati (Anm) a sciogliersi o dividersi o comunque rifondarsi completamente. Nessuno ne ha mai scritto o parlato, ma è una conseguenza indubbia: l'attuale Statuto dell'Anm, infatti, all'art. 1, definisce l'associazione come composta da "tutti i magistrati ordinari appartenenti all'ordine giudiziario italiano": un presupposto che è venuto meno per legge costituzionale (previo conferma del referendum) perché l'ordine della magistratura non sarà più unitario, non sarà più uno solo, come ben spiega il nuovo articolo 104 della Carta: "La magistratura si articola in due ordini, quello giudicante e quello requirente". Ne consegue che un solo sindacato (l'Anm) non potrà più rappresentare due ordini distinti; dovrà scindersi, trasformarsi in una federazione di sigle autonome (come la Cgil, per dire) o più facilmente rifondarsi da zero. Giuridicamente, infatti, non è nemmeno concepibile che un solo soggetto continui a rappresentare due categorie appartenenti a due ordini separati che hanno reclutamenti e carriere diversi. La Cgil, proseguendo il parallelo, difende più categorie perché è una confederazione di soggetti sindacali autonomi ciascuno col proprio statuto, contratto collettivo e soggettività distinta: non è, come è l'Anm, un sindacato unico che firmava contratti per tutti.

Poi è vero: Carlo Nordio, in più sedi e interviste, ha promesso un dialogo e probabili "trattative" con la magistratura nella fase attuativa della riforma, questo beninteso sempre a referendum vinto: nel caso, è logico chiedersi chi sarà il suo interlocutore, visto che l'Anm non avrà più titolo per rappresentare le due magistrature ossia i due ordini: la transizione durerà al massimo un anno, come previsto dall'articolo 8 della stessa Riforma, ed è probabile che l'Associazione sopravvivrà provvisoriamente di fatto (ma non di diritto) come interlocutore tollerato per inerzia istituzionale. Poi, terminato l'anno, se non si sarà rifondata o scissa in due o più soggetti distinti, l'Anm perderà ogni legittimazione. La trattativa "con la magistratura", per definizione, non potrà più esistere: ci saranno due ordini separati e, di conseguenza, due interlocutori diversi. L'Anm diventerà un guscio storico in attesa di essere sostituito.

E, altro "non detto" della Riforma, i soggetti che sostituiranno l'Anm diventeranno delle parti sociali come altre, perché la magistratura passerà da "potere" a controparte, meglio, da soggetto istituzionale autonomo a categoria professionale regolata da leggi e decreti: come ogni altro corpo intermedio. L'Anm, nata per difendere l'unità di una sola magistratura, dovrà per forza cambiare per non morire e, al tempo, lasciare che anche le magistrature italiane entrino - davvero, stavolta - nella Seconda Repubblica.

Da qui il terzo "non detto della Riforma": trattandosi oltretutto di una parte sociale, la magistratura, o meglio le magistrature nel loro complesso, non saranno più assimilabili a un "potere" nemmeno per errore; il dossier della Camera (GI0010) chiude l'equivoco storico ed è piuttosto esplicito: "Il nuovo testo supera l'idea della magistratura come potere dello Stato, riconducendola all'originaria nozione di ordine autonomo". Del famigerato "Terzo potere" si era certo già discusso, ma il malinteso era sempre rimasto confinato in dispute dottrinali (il celebre costituzionalista Livio Paladin parlava di equivoco concettuale) mentre persino Luciano Violante, in un seminario del 2024, ha parlato di "inciampo linguistico che la riforma dovrebbe finalmente chiarire". Così è.

Chiarita quindi, per usare le parole di Nordio, anche la postura di "contropotere" del Parlamento assunta talvolta dalla corporazione, abilissima peraltro, in separata sede, a rindossare le vesti meramente sindacali per ottenere, per esempio, un'inoperosità lavorativa di 7-8 settimane l'anno (tra ferie e sospensioni) e stipendi soggetti a rivalutazione periodica fissata per legge (tipo l'adeguamento all'inflazione, negato ai comuni mortali) e questo, si apprende, per proteggere l'indipendenza e l'imparzialità eccetera.

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