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"Non siamo terroristi, niente telecamere". Sul Carso tra i migranti della rotta balcanica

Gli irregolari viaggiano a piedi, sui sentieri le tracce dei bivacchi. Il tragitto dalla Bosnia si chiama «il gioco». Il poliziotto: «Con gli illegali in arrivo dalla Slovenia abbiamo le mani legate»

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«Non siamo terroristi, niente telecamere» Sul Carso tra i migranti della rotta balcanica

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«Non siamo terroristi, niente telecamere» protesta una migrante illegale arrivata in Italia, sul Carso triestino, dalla rotta balcanica. Poliziotti e militari l'hanno appena rintracciata, assieme alla famiglia, marito e bambini. E li stanno caricando su un furgone delle forze dell'ordine con la signora che si nasconde il volto con le mani. Se non ha nulla da nascondere non si capisce quale sia il problema. Forse hanno promesso ai passeur, che li hanno aiutati a pagamento ad arrivare dalla Slovenia, di non dire nulla per fare arrivare gli altri. Cinque minuti dopo siamo noi giornalisti a trovare due migranti del gruppo, giovani e inzuppati dalla pioggia, a poca distanza. «Siamo turisti» provano a dire all'inizio. Poi ammettono di essere «arrivati dalla Turchia» e diventano aggressivi quando si rendono conto che li stiamo riprendendo con il telefonino.

Dall'inizio dell'anno sono stati rintracciati al capolinea della rotta balcanica, fra Trieste e Gorizia, 16mila migranti. «Arrivano ogni giorno a piedi o con i passeur» spiega un agente di polizia in prima linea. Pierpaolo Roberti, assessore del Friuli- Venezia Giulia per immigrazione e sicurezza, sottolinea che «gli ultimi dati parlavano di 35mila rintracci di clandestini in Slovenia. Però ne hanno accolti solo mille. Vuol dire che gran parte degli altri 34mila hanno proseguito verso il nostro confine».

Da ieri alle 14 il governo italiano ha sospeso il trattato di Schengen ripristinando i controlli alla frontiera con la Slovenia. Ben 22 valichi principali su 232 chilometri da Trieste a Tarvisio passando per Gorizia. Il timore che ha fatto scattare il giro di vite, come in altri paesi europei, è la possibile infiltrazione, lungo la rotta balcanica, di terroristi legati alla nuova guerra in Medio Oriente. Il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, ha lanciato l'allarme su «persone da paesi come la Bosnia fucina di ambienti e gruppi della radicalizzazione islamica. Gli alert e le preoccupazioni indicano che è il tratto più vulnerabile».

Il Viminale ha inviato 270 uomini di rinforzo. «Ben vengano più agenti e mezzi, che bisognerebbe mantenere sempre per un controllo migliore delle vie di accesso dei migranti - dichiara Lorenzo Tamaro del sindacato di polizia Sap - Purtroppo però non possiamo riammettere in Slovenia gli illegali, come prima. Abbiamo le mani legate».

Il Carso è un colabrodo di sentieri battuti dai migranti. Nella boscaglia è facile trovare vestiti, scarpe, zaini, sacchi a pelo utilizzati per «il gioco», come chiamano il tragitto a piedi dalla Bosnia via Croazia. Si cambiano con indumenti nuovi e puliti per poi presentarsi in Questura a Trieste chiedendo l'asilo oppure proseguire in treno verso Milano. Tutto organizzato via telefonino con tanto di biglietti ferroviari inviati on line dai trafficanti.

«Abbiamo intercettato un terrorista bosniaco dell'Isis, che stava tornando a Sarajevo percorrendo la rotta balcanica al contrario, dopo aver combattuto in Medio Oriente», racconta Giuseppe Colasanto, ex dirigente della polizia di frontiera del capoluogo giuliano. «Trieste è la porta d'Oriente - aggiunge il veterano - dove passa di tutto e arriva di tutto. Una rotta utilizzata non solo dai migranti, ma pure da chi ruota attorno all'ambiente terroristico». I «passaggi» più famosi sono quelli di alcuni dei terroristi del Bataclan, ma lo scorso anno abbiamo intercettato almeno due terroristi e adesso aumenta il rischio.

Dietro un cespuglio, lungo un altro punto di passaggio del Carso triestino, sono abbandonati dei vestiti «freschi». Ad un passo dalla strada asfaltata e dalla fermata dell'autobus che hanno preso per arrivare a Trieste. Anche l'attività dei passeur è in aumento come dimostra il «cimitero» dei mezzi sequestrati dalla polizia carichi di migranti. Macchine di grossa cilindrata e furgoni con targhe straniere della Romania, Ucraina e paesi dell'ex Jugoslavia. Nell'ultimo anno sono stati arrestati un'ottantina di passeur. Una decina di giorni fa la polizia ha scoperto 28 persone, comprese donne e bambini, chiusi come sardine in un furgone. E lunedì scorso è scattato un inseguimento da film di un passeur romeno. «Neanche quando gli ho puntato la pistola si è fermato - racconta uno degli agenti - Usava il furgone carico di migranti come ariete per buttare fuori strada le nostre auto di pattuglia. Ne ha sfasciate diverse».

Il paradosso è che i migranti illegali arrivano tranquillamente in treno da Lubiana. Sei, tutti pachistani, sono sparpagliati nei vagoni alla fermata di Villa Opicina. «Oramai ci siano abituati - ammette il capotreno - Qualche centinaia di metri più avanti trovate i documenti che buttano via prima di arrivare a Trieste». Nella stazione del capoluogo giuliano vengono fermati dalla polizia ferroviaria, ma oramai sono arrivati e come tutti gli altri pronunciano le paroline magiche in inglese: «Chiediamo asilo».

E dobbiamo tenerceli senza poter fare nulla.

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