E ti pareva. Appena è stata confermata la partecipazione di Israele al prossimo Eurovision Song Contest (previsto dal 12 al 16 maggio a Vienna), Paesi Bassi, Spagna, Irlanda e Slovenia hanno annunciato che non ci parteciperanno.
I motivi sono chiari e ruotano intorno alla guerra a Gaza. Insomma, l'Ebu, ossia l'Unione Europea di Radiodiffusione che regolamenta e gestisce l'evento, durante l'assemblea generale di Ginevra ha deciso di non mettere neanche ai voti la partecipazione di Tel Aviv alla manifestazione.
Israele quindi ci sarà e, a conferma di quanto rilevante sia la decisione, subito il presidente Isaac Herzog ha chiarito che il paese "merita di essere rappresentato su ogni palcoscenico del mondo". Invece la tv spagnola Rtve ha annunciato il forfait precisando che non solo non trasmetterà né finale né semifinali ma pure che la direzione dell'Eurovisione e dell'Ebu "sta causando una delle maggiori tensioni interne nella storia dell'organizzazione". Ad annunciare il boicottaggio dei Paesi Bassi è stata l'emittente olandese Avrotros per inconciliabilità "con i valori pubblici che sono fondamentali per la nostra organizzazione". Per l'irlandese Rte infine la partecipazione è inaccettabile "data la spaventosa perdita di vite umane a Gaza e la crisi umanitaria".
Sono dichiarazioni tranchant che surriscaldano il clima già sei mesi prima dell'evento e che, molto probabilmente, non rimarranno isolate.
In poche parole, nonostante l'Ebu abbia approvato modifiche al regolamento proprio per evitare televoti pilotati verso lo stesso concorrente (dopo la clamorosa rimonta della concorrente israeliana l'anno scorso al televoto), la volontà di molti è di trasformare anche l'Eurovision in un altro (ideale) campo di battaglia. Mah.