Senza acqua, senza cibo, senza elettricità. Ora senza nemmeno il riscaldamento, e sì che ogni notte a marzo si scende parecchio sotto lo zero e la neve diventa l'unica cosa da bere. Senza speranza o quasi, affidata com'è questa capricciosa musa a una via di fuga che due volte è stata promessa e due volte si è rivelata un miraggio, forse una trappola. Mariupol rischia di scrivere il suo nome ferrigno nell'elenco delle città europee martiri di tutte le guerre, come Ypres, come Dresda, come Coventry, come Vukovar.
Da giorni Mariupol è sotto i bombardamenti russi. Le vittime sono incalcolabili, nessuno ha avuto ancora il tempo di contare le croci e infatti i bilanci dei caduti della guerra di Putin sono con l'asterisco. I suoi duecentomila abitanti civili rimasti (la città prima della guerra ne contava 492mila) vorrebbero andarsene, anche se con la morte nel cuore. Se restassero d'altronde diventerebbero carne da cannone, secondo l'ambigua strategia di Mosca per cui i corridoi umanitari più che a salvare anime innocenti servono a garantirsi un salvacondotto per radere al suolo la città, e se sotto le bombe ci rimane qualche civile, beh, vuol proprio dire che se l'è cercata. Quindi meglio la fuga. In duecentomila si sono messi in fila con poche carabattole sabato, prima che l'evacuazione venisse annullata per il mancato rispetto del cessate il fuoco (gli ucraini dicono: sono stati i russi. I russi rispondono: macché, sono stati gli ucraini). Ieri la cosa si è ripetuta. Fanno sapere dal Comitato internazionale della Croce Rossa, che si era messa in testa al convoglio: «Oggi (ieri, ndr) la nostra squadra ha iniziato ad aprire la via di evacuazione da Mariupol prima che le ostilità riprendessero. Rimaniamo a Mariupol e siamo pronti ad aiutare a facilitare ulteriori tentativi, se le parti raggiungono un accordo, che spetta solo a loro attuare e rispettare. Le persone a Mariupol e in altri luoghi dell'Ucraina vivono in situazioni disperate. Devono essere protetti in ogni momento. Non sono un bersaglio. Le persone hanno urgente bisogno di acqua, cibo, riparo. Le basi della vita. Abbiamo bisogno di garanzie di sicurezza per poter portare loro aiuti. Non siamo e non possiamo essere garanti di un accordo di cessate il fuoco tra le parti o della sua attuazione».
L'operazione salvezza sarebbe dovuta partire alle 12 di mattina ora locale e fino alle 21 nella città si sarebbe dovuto osservare il massimo silenzio. Niente da fare, nemmeno stavolta le donne, i bambini, gli anziani, i pochi uomini messisi in fila per lasciare forse per sempre la loro città ce l'hanno fatta a iniziare il viaggio verso la salvezza. Una massa dolente di persone ha fatto ritorno nelle poche case in piedi e in rifugi nel frattempo diventati gelidi. Perché gli occupanti russi hanno danneggiato il gasdotto Donetsk-Mariupol, lasciando oltre 700mila persone senza riscaldamento.«Abbiamo problemi sociali provocati dai russi - grida la sua rabbia il sindaco Vadym Boichenko -. Siamo senza riscaldamento. I russi vogliono tagliare la città fuori dai corridoi umanitari, interrompere le consegne di beni essenziali, forniture mediche. Il loro obiettivo è soffocare la città». Anche la Croce Rossa parla di «scene devastanti di sofferenza umana a Mariupol».
Scene come quella che si è svolta nell'ospedale di Mariupol, dove la mattina di sabato hanno fatto irruzione due giovani di corsa, un uomo e una donna, l'aria smarrita e concitata, lui un metro avanti, in braccio un fagottino insanguinati, come si vede nelle foto scattate da una fotoreporter dell'AP. Lui, Kirill, 18 mesi, era appena stato colpito dalle schegge di un mortaio, durante la tregua-non-tregua delle armi russe. Kirill è stato operato alla luce dei telefonini, perché non c'era elettricità in quel momento, nemmeno un generatore, mentre i due ragazzi nella sala d'attesa si abbracciavano straziati, sospettando quello che sarebbe accaduto di lì a poco.
Kiril sarebbe morto, un altro numero sul brogliaccio di questo schifo di guerra voluta da un solo uomo. Quel Vladimir Putin a cui la fotografa si è sentita chiedere di mostrare quegli scatti. Come se fosse possibile. Come se cambiasse qualcosa.
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