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Open Arms, pronta la "vendetta" su Salvini: cosa può succedere adesso

Il prossimo 30 luglio il Senato sarà chiamato a votare sulle sorti giudiziarie dell'ex ministro dell'Interno Matteo Salvini sul caso Open Arms. A distanza di quasi un anno dall'apertura di un'inchiesta giudiziaria a suo carico, ecco la possibile svolta

Open Arms, pronta la "vendetta" su Salvini: cosa può succedere adesso

É arrivata la data fatidica in cui si conosceranno le sorti del leader della Lega Matteo Salvini in merito alla questione Open Arms. Oggi infatti il Senato sarà chiamato a decidere se l’ex ministro dell’Interno del primo governo Conte dovrà affrontare o meno il processo su quelle che sono le accuse sollevate lo scorso agosto nei suoi confronti dalla procura di Agrigento, ovvero sequestro di persona e abuso d’ufficio. E non sono mancati i colpi di scena in aula: poco dopo l'inizio della seduta decisiva, l'ex presidente del consiglio Matteo Renzi ha preso la parola dichiarando di voler votare a favore del processo contro il segretario del carroccio. Una mossa a sorpresa, anche se nell'aria alla vigilia, visto che il 26 maggio scorso il partito di Renzi, Italia Viva, aveva votato contro il procedimento nei confronti di Salvini: “Noi non abbiamo cambiato idea – ha dichiarato lo stesso ex premier in Senato –noi abbiamo sempre pensato che quella gestione della politica migratoria sia in Europa sia stato un errore. Non ho bisogno di dirlo a M5s e Salvini, magari ho bisogno di dirlo a quella parte della sinistra che hanno sostenuto che noi eravamo la brutta copia della destra quando andavamo a raccogliere in mare i migranti morti. Noi eravamo questi, una cosa diversa da voi". Il voto dei 18 senatori di Italia Viva sarà decisivo per l'esito finale e probabilmente decreterà il rinvio al processo per l'ex ministro dell'Interno. Alle 12 in Senato è intervenuto il diretto interessato con un discorso di circa 10 minuti. L’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini ha ribadito ancora una volta di aver fatto il proprio dovere sul caso Open Arms. "Io vi ringrazio- ha detto il leader del carroccio- mi fate un regalo a mandarmi a processo, vado a testa alta e con la schiena dritta".

Il caso

Tutto è iniziato la scorsa estate quando, tra il primo e il 10 agosto, la nave battente bandiera spagnola ha recuperato a largo delle coste libiche 161 migranti in tre diverse operazioni. Nella prima operazione Open Arms aveva recuperato 52 migranti (tra cui donne e bambini) a bordo di un barcone che stava per affondare. Il giorno successivo un altro intervento attraverso il quale sono state soccorse 69 persone. Qui erano presenti 32 minori dei quali 27 non accompagnati. Ma non solo, la stessa Ong scriveva su Twitter che tra le persone a bordo vi era chi aveva in corpo i segni evidenti delle torture subite in Libia.

La notte fra il 9 e il 10 agosto l’imbarcazione ha salvato altri 39 migranti. Questa volta l’intervento è stato compiuto nella zona Sar maltese. Nei giorni che si sono susseguiti tra un’operazione ed un’altra, Open Arms navigava senza conoscere quale sarebbe stato il porto sicuro per far sbarcare i migranti recuperati. Nel frattempo, alcuni di loro con importanti problemi di salute, erano stati fatti sbarcare tra Lampedusa e Malta ma, per le 151 persone rimanenti a bordo della nave, sempre più vicina a Lampedusa, rimaneva il punto interrogativo sulla prossima destinazione. In quel contesto infatti Malta ha vietato l’ingresso nel proprio porto alla nave e, in Italia era stato da poco approvato il decreto di sicurezza bis voluto dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini. Quest’ultimo aveva più volte affermato che i porti italiani erano chiusi e che sarebbe stato pronto a sequestrare la nave se fosse entrata nelle acque territoriali italiane. A quel punto è intervenuta la procura di Agrigento: il procuratore Luigi Patronaggio ha raggiunto l’imbarcazione e, dopo un’ispezione a bordo, ne ha disposto il sequestro.

Open Arms a Porto Empedocle

L’approvazione del secondo decreto sicurezza

Di pari passo allo sviluppo della vicenda relativa alla Open Arms, sono andati in scena anche altri importanti risvolti politici in merito la vicenda immigrazione. In particolare, al Senato negli stessi giorni delle prime missioni della nave dell’Ong spagnola, l’allora governo Conte I ha portato in aula il testo del secondo decreto sicurezza da convertire in legge. Si trattava cioè della norma fortemente voluta da Matteo Salvini, in quel momento in sella al Viminale e fautore della politica di chiusura nei confronti delle navi delle Ong.

Dopo che nell’ottobre 2018 il leader della Lega è riuscito a far dare il via libera al primo decreto sicurezza, al cui interno vi erano norme rivolte soprattutto al contrasto dell’immigrazione clandestina, nel giugno del 2019 il consiglio dei ministri ha dato seguito al secondo decreto in questione. I punti salienti in esso contenuti hanno riguardato soprattutto le maxi multe contro le Ong, così come i divieti di ingresso per le navi delle organizzazioni, la fine dei sistemi Sprar, l’abolizione della protezione umanitaria ed il divieto di iscrizione all’anagrafe dei richiedenti asilo. Inoltre, un’altra parte della norma è stata dedicata all’ordine pubblico ed alla sicurezza con la creazione di “zone rosse” anti spacciatori nelle città.

Ovviamente però, visto il caso in corso con la Open Arms e vista la piega del dibattito politico dell’estate del 2019 quasi esclusivamente incentrata sull’immigrazione, la prima parte del decreto sicurezza è stata quella maggiormente discussa sia alle Camere che sotto il profilo mediatico. Mentre la Open Arms caricava a bordo i primi migranti, il testo del decreto sicurezza è approdato in Senato lì dove il 5 agosto ha ricevuto definitiva conversione in legge. La votazione, su cui il Conte I ha posto la questione di fiducia, è passata con 160 voti favorevoli.

20 agosto: la data segnata da due momenti decisivi

Come detto, il 20 agosto il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio ha raggiunto la nave Open Arms mentre il presidente del consiglio Giuseppe Conte rassegnava le dimissioni aprendo la crisi di governo. In quel contesto particolare sul fronte migratorio, laddove necessitava una maggiore forza governativa la situazione politica era divenuta abbastanza precaria. Quel giorno, il procuratore di Agrigento è entrato dentro l’imbarcazione alla presenza di due medici e dello staff della Capitaneria per verificare di presenza la situazione dopo che il Viminale aveva vietato al capitano di entrare nella vicina Lampedusa. Dopo la visita e constatate le precarie situazioni igienico sanitarie a bordo, Patronaggio ha deciso di porre sotto sequestro l’Open Arms e far sbarcare i migranti a Lampedusa. Pochi giorni dopo è stata aperta un’inchiesta nei confronti di Matteo Salvini. Quest’ultimo nel frattempo era decaduto dal proprio incarico ministeriale a seguito della crisi di governo che si era aperta contestualmente. Era infatti il 20 agosto quando Giuseppe Conte in Senato ha annunciato le proprie dimissioni per via dei numerosi dissidi interni divenuti insormontabili soprattutto con Salvini.

La vicenda giudiziaria

Subito dopo l’approdo della nave a Lampedusa, ad Agrigento il procuratore Patronaggio ha aperto un fascicolo per indagini riguardanti accuse quali il sequestro di persona e l’abuso di ufficio. Inizialmente contro ignoti, l’indagine ha poi riguardato direttamente l’oramai ex ministro Matteo Salvini. Per quest’ultimo, si è trattato della terza indagine riguardante uno stop decretato allo sbarco di migranti sul territorio italiano dopo quella relativa al caso Diciotti e quella inerente il caso Gregoretti.

Essendo Salvini all’epoca ministro, la competenza è quindi passata al tribunale dei ministri. Quest’ultimo viene fatto insediare nel tribunale dove ha sede la corte d’appello competente ed ecco perché, dopo alcune settimane dall’avvio delle indagini, la procura di Agrigento ha trasmesso gli atti a Palermo. Qui il procuratore Francesco Lo Voi il 29 novembre scorso ha deciso per la prosecuzione dell’iter processuale, trasmettendo le carte all’appena insediato tribunale dei ministri.

La svolta sul caso Open Arms è arrivata con l’anno nuovo: il primo febbraio infatti, il tribunale dei ministri di Palermo ha chiesto al Senato di poter procedere nei confronti di Salvini, sempre per le ipotesi di reato di sequestro di persona ed abuso di ufficio. Il tutto mentre, sotto il profilo politico, l’ex ministro dell’Interno ha dovuto affrontare il voto in Senato sul caso Gregoretti con il quale è stato autorizzato il tribunale dei ministri di Catania a proseguire con l’iter contro il leader della Lega.

I reati contestati a Matteo Salvini

“L’indagine è stata avviata una settimana dopo i fatti – ha dichiarato al Giornale.it una fonte vicina alla Procura di Agrigento – Per i nostri uffici quelle erano settimane molto calde: dopo il caso Mare Jonio ed il caso di Carola Rackete, i riflettori si sono accesi anche per il caso Open Arms ed in un momento poi dove era appena caduto il governo. Erano giorni frenetici”.

L’inchiesta nei confronti dell’allora ministro dell’Interno ha subito puntato su due accuse precise: abuso di ufficio e sequestro di persona. È su quest’ultimo aspetto che si sono concentrate le attenzioni più importanti: “Questo tipo di reato potrebbe implicare una pena massima fino a 15 anni – ci ricorda l’avvocato Elisabetta Aldrovandi – Ecco perché Salvini spesso fa riferimento al fatto di essere pronto a rischiare oltre 10 anni di carcere”.

Un’accusa, quella contro il segretario del carroccio, la cui gravità potrebbe dipendere da diversi fattori: “Bisogna considerare – ha affermato ancora al nostro quotidiano l’avvocato Aldrovandi – alcuni elementi, in particolare il tempo di durata del presunto sequestro e le eventuali conseguenze patite da chi ha subito il sequestro. Tutto è rimesso a un'eventuale istruttoria processuale e alla decisione dei giudici, i quali pur dovendo applicare la legge, godono di un potere discrezionale che implica però l'obbligo di motivare la decisione sulla base di precisi parametri giuridici".

La responsabilità penale eventualmente accertata, farà capo unicamente a Matteo Salvini: “Per via della posizione che occupava all’epoca dei fatti contestati – ha chiarito ancora Elisabetta Aldrovandi – sotto il profilo penale al momento è soltanto Salvini a risponderne. Non è escluso che altri attori potrebbero essere coinvolti ma, eventualmente, a titolo di corresponsabilità”. Il riferimento è alla tesi dello stesso ex ministro dell’Interno, secondo cui l’intero governo era d’accordo con la linea volta a ribadire lo stop all’ingresso della nave dell’Ong spagnola sul territorio italiano: “Questo comunque – ha specificato l’avvocato – è un aspetto più politico e riguardante la linea politica del governo. Salvini afferma che Conte era d’accordo, quest’ultimo invece fa riferimento ad alcune mail che proverebbero il fatto che da Palazzo Chigi chiedevano di far sbarcare almeno i minori non accompagnati. A livello penale, se per la procura è solamente la posizione di Salvini quella su cui indagare, allora il processo verterà unicamente su eventuali responsabilità dell’ex ministro.

Tutto il resto ha a che fare con i risvolti politici avulsi dalla vicenda giudiziaria”.

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