Radical chic

Ora chiedete scusa alla Lombardia

Prima tutti a puntare il dito. Ora che il Pirellone vola sui vaccini, nessuno che ammetta la verità

Ora chiedete scusa alla Lombardia

Magari siamo poco attenti noi. Sicuramente ci saremo persi un tweet, un post, una battuta in televisione. Ma di certo eventuali (introvabili) retromarce non sono state così evidenti come il cannoneggiamento che per mesi ha messo nel mirino Regione Lombardia. Selvaggia Lucarelli, Andrea Scanzi, Marco Travaglio, i grandi giornali, Tizio, Caio e Sempronio: per settimane hanno raccontato il “disastro lombardo”, gli scivoloni di Aria, la percentuale di dosi somministrate inferiore alle altre Regioni, e ora invece niente. Adesso che dovrebbero armare le stesse penne, decantandone però i meriti, se ne stanno zitti zitti, muti muti. Fingono di non vedere che il Pirellone corre più e meglio delle concorrenti.

Che poi a dire il vero non è mai stata una competizione. Ma l’hanno disegnata così. Nicola Zingaretti è stato glorificato come manco Giovanni Paolo II il giorno dei funerali con un racconto mitologico dai contorni agiografici. Fontana invece l'hanno massacrato. E oggi che il piddino arranca nessuno osa ripagarlo con la stessa moneta riservata al leghista.

Chi scrive non è lombardo. Né di nascita né tantomeno di adozione: abita qui come tanti altri italiani che scelgono un'area dove si vive bene e si lavora più facilmente che altrove. Quindi non c’è alcuna piaggeria campanilistica: di sviste ne sono capitate, anche grosse, come ovunque. Solo che se si osserva il racconto (o lo storytelling) di questa pandemia non si possono non notare alcune evidenti distorsioni. La faremo breve. Un anno fa ulularono alla “sceneggiata” “totalmente inappropriata” con cui Fontana si presentò in diretta Facebook indossando una mascherina. Lo sbertucciarono per poi scoprire che la protezione facciale sarebbe diventata il nostro presidio sanitario quotidiano. Quando poi decise di aprire l’ospedale in Fiera la definirono una “cattedrale nel deserto” “non funzionale”, per poi accorgersi che senza quei posti letto saremmo stati spacciati. Stessa storia ora con i vaccini: prima tutti a criticare gli (oggettivi) inciampi che frenarono la partenza; e dopo silenzio tombale quando il diesel ha ingranato la marcia per dare la biada a tutti.

I numeri, in fondo, sono lì a dimostrarlo. Prendiamo due Regioni “simili”, benché con una notevole differenza di popolazione. In Lombardia il 98% degli ultra 90enni ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino. Nel Lazio sono fermi al 93,8%. Fontana ha inoculato sieri al 93,3% dei residenti in fascia 80-89, Zingaretti “solo” il 92%. E via a scendere. I 70enni a Milano nell'83% dei casi sono coperti almeno con un giro, a Roma solo nel 79,2%. Stessa storia per i 60enni, dove il divario è ancora più ampio. Che poi in numeri assoluti la differenza appare ancora più evidente: Letizia Moratti ha iniettato 5,1 milioni di dosi, Alessio D'Amato 2,8 milioni. Praticamente la metà. Eppure lo sforzo “logistico”, almeno a livello centrale, è pari se non superiore. In alcuni giorni, per dire, il 25% di tutte le inoculazioni d’Italia si fa tra Casalpusterlengo e Montespluga: ieri a Roma 48mila, a Milano 92mila. Nella classifica per dosi ogni 100mila abitanti la Lombardia è la prima tra le grandi regioni, il Lazio annaspa nella parte bassa della classifica. Vogliamo darne atto a Bertolaso e soci, oppure no?

Se il Pirellone corre è manna dal cielo per tutto il Paese. Perché allora non titolarci a caratteri cubitali? Che fine ha fatto chi un mesetto fa scriveva di una “fine ingloriosa per la locomotiva d’Italia ridotta a carretto sgangherato” (Lucarelli)? Dove sta quel caregiver che parlava di una Regione “più in difficoltà, da sempre, con la pandemia” (Scanzi)? Dove si nasconde chi denunciava il “degrado della sanità lombarda” (Articolo 1), chi perculava Bertolaso e Moratti (Travaglio), chi discettava della "Grande malata d'Italia" (Giannini)? Perché qui non si discute il diritto (e il dovere) di criticare ciò che non ha funzionato (vedi sostituzione di Gallera, vertici di Aria o della Sanità). Qui il problema è fare figli e figliastri: sputacchiare quando l'ingranaggio s'interrompe e poi silenziare il megafono se tutto gira a dovere. Ecco: lorsignori potrebbero dedicare un decimo della quantità di inchiostro da disapprovazione per ammettere l’attuale stato di forma lombardo. Basterebbe poco.

Altrimenti potrebbero chiedere scusa.

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