Pd senza nome e leader. Ipotesi listone per la Ue

Martina si dimette verso il congresso

Pd senza nome e leader. Ipotesi listone per la Ue

Roma - Così com'era cominciata, mestamente, termina nel Pd la parentesi della segreteria Martina. Ne ha dato il triste annuncio il diretto interessato chiudendo un inutile «Forum tematico» tenuto a Milano. «Il mandato era questo, costruire un percorso dove raccogliere idee per una prospettiva e preparare il Pd a una nuova battaglia», si è accomiatato il soporifero Martina, non mancando di specificare che i risultati ottenuti in questi mesi, ovvero la scialba manifestazione di Roma e la due giorni milanese, «sono considerarsi patrimonio di tutti, non mio».

Che fortuna. Avesse potuto andare fino in fondo, sarebbe certamente giunto a quel traguardo che il filosofo esperto di «fuoco amico», Massimo Cacciari, traccia per il Pd da tempo: l'estinzione. «Sotto il 15% alle Europee è fatta», ha minacciato Cacciari per scuotere un uditorio ormai abituato al peggio. L'ex sindaco di Venezia, almeno, ha le idee più chiare di tutti, e considera «irrealistico» e quindi «dannoso» il listone unico alle prossime Europee. Potrebbe sì mascherare la debolezza pd, ma a costo di un annacquamento generale. Il prossimo passaggio sarà ora un'assemblea che Martina propone per l'11 novembre, giorno di San Martino, che dovrebbe aprire la seconda fase, finalmente quella congressuale. Ma su questo le truppe ancora si guardano in cagnesco, perdurando l'idea renziana di trovare un pretesto qualsiasi che faccia slittare il redde rationem. Ci ha provato ieri il senatore Marcucci, fedelissimo del «mostro» di Rignano: «Se si posticipasse non mi straccerei le vesti», ha buttato lì, non intimorito da un fronte pro-congresso che va da Boccia a Zingaretti, da Orlando a Franceschini a Gentiloni. Tutti vorrebbero un nuovo inizio, possibilmente senza che aleggi più quel che Cuperlo ieri definiva «il fantasma», reclamando che ci sia discontinuità dalle politiche renziane che hanno devastato il partito. «Il congresso può aiutarci, ma dipende da come lo facciamo: non giriamoci intorno», ha titubato come sempre il pensoso Martina. C'è il rischio che le primarie - volute dal segretario, ma non da tutti -, qualora si accendessero sullo scontro Zingaretti-Minniti, possano ulteriormente dissanguare le forze. Quel che è davvero «patrimonio di tutti» è che il Pd debba «andare oltre». Un «listone più largo, con Zingaretti che è capace di unirlo», spera Franceschini in un'intervista al giornale di casa, La Repubblica. «Nome nuovo», propone, e condividono in tanti. Persino Gentiloni, che tempo fa s'era indignato, ieri è sembrato possibilista: «Vediamo prima come ci presenteremo alle elezioni, facciamo il congresso al più presto».

Orizzonte «nuovo» che renziani (e non solo) sperano poter essere quei «comitati civici» che si sono visti in piazza l'altro giorno al Campidoglio. Avanguardia di un nuovo partito, è l'ultimo grido in fatto di furbate renziane. Loro sperano che funzioni.

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