Politica

Da Fassino a Damiano, il Pd alle prese con lo spettro della scissione

L'ex ministro del Lavoro ammette che una nuova scissione "non si può escludere". Stamane Fassino aveva detto che "nessuno la vuole"

Da Fassino a Damiano, il Pd alle prese con lo spettro della scissione

C'è una parola che agita la settimana del Pd come un fantasma e che riassume tutte le tensioni interne al partito di Largo del Nazareno: la scissione.

Nelle ore drammatiche che precedono la direzione del Partito Democratico, il primo a pronunciarla è Piero Fassino, che parla ad Agorà di Serena Bortone su Rai3 questa mattina. "Credo che nessuno lo voglia (il rischio di scissione, ndr) e stia lavorando per dividerci - spiega -. Oggi non credo che l'esito della nostra discussione sarà una lacerazione irreversibile, ma credo che sia una discussione chiarificatrice, se è possibile traendo un punto di unità, se non è possibile andremo al voto".

Nella mattinata si apre anche un piccolo giallo, perché prima le agenzie gli attribuiscono una dichiarazione secondo cui "il rischio di scissione c'è", poi ritrattata dallo stesso interessato. "Contrariamente da quanto battuto da alcune agenzie non ho affatto dichiarato che ci sia un rischio di scissione - ha chiarito - Basta rivedere e ascoltare le parole da me pronunciate ad Agorà per constatare che ho detto che 'nessuno nel PD si augura scissionì e che nessuno ha intenzione di provocarle".

Nel pomeriggio, entrando in direzione, è stato l'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano, da sempre esponente di peso della sinistra del partito a dire che "non si può escludere niente" rispondendo a chi gli chiedeva del rischio di una scissione.

Appena ieri aveva fatto discutere l'appello lanciato da Lorenzo Guerini contro le "conte interne" e ancora di più il lancio di un sito "senzadime" con tanto di lista di favorevoli e contrari all'apertura di un dialogo con il M5s.

Una mossa condannata all'unanimità da esponenti delle varie testate ma che comunque ha sortito l'effetto di invelenire il clima e di rinfocolare le tensioni fra renziani ed esponenti delle varie correnti di minoranza.

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