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Più poteri alle indagini degli 007

Nel nuovo pacchetto di misure maggiori garanzie alle operazioni dei Servizi contro il terrorismo

Più poteri alle indagini degli 007

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Infiltrazioni, operazioni illegali sotto copertura, ingresso diretto nella privacy e utilizzo delle risorse delle grandi aziende di Stato: è questa la svolta che il governo Meloni punta a realizzare nell'attività dei servizi segreti, ai quali è dedicato un articolo specifico del disegno di legge sulla sicurezza varato nei giorni scorsi dal Consiglio dei ministri. È un intervento in profondità che punta a raccogliere, almeno in parte, le richieste venute in questi anni dall'interno della nostra intelligence: sia per poter agire con più efficacia soprattutto nella prevenzione del terrorismo internazionale, sia per fornire maggiori certezze operative ai nostri 007, indicando chiaramente i confini entro i quali possono muoversi senza finire nei guai.

L'innovazione più vistosa - e forse destinata ad essere oggetto di critiche garantiste - è quella che consente agli agenti segreti di testimoniare in tribunale sotto falso nome. La prassi, per alcuni aspetti, era già in uso: se un pm doveva invitare uno 007 a raccontare in aula una sua attività, lo citava col nome utilizzato in quella operazione, e il tribunale non stava a sottilizzare sulla reale identità di chi andava a sedersi sulla sedia dei testimoni. Ma il sistema era grigio e scivoloso. D'ora in avanti, le «barbe finte» potranno utilizzare i loro alias sotto giuramento.

Più sostanziose sono le concessioni del disegno di legge - che allarga le maglie stabilite dalla riforma dei «servizi» datata 2007 - ai poteri di intrusione nelle banche dati e ai rapporti con le aziende. Aisi e Aise, le due agenzie in cui si articola la nostra intelligence, finora potevano «collaborare» con le pubbliche amministrazioni e le aziende incaricate di servizi pubblici, per accedere alle loro banche dati. La nuova legge prevede che questo diventi un obbligo («sono tenuti a fornire la collaborazione richiesta») sia per gli enti pubblici che per tutte le società «partecipate e a controllo pubblico», una dizione che comprende colossi come Eni, Leonardo, Terna (e anche una miriade di aziende meno note) che dovranno non solo aprire i loro archivi ai «servizi» ma anche fornire collaborazione operativa in Italia e all'estero. È una richiesta che da tempo le agenzie facevano e che le grandi aziende hanno vissuto con preoccupazione. Adesso dovranno adeguarsi (ma il brontolio è già partito, e con esso le pressioni per modificare il testo).

Poi c'è il tema delicato delle cosiddette «garanzie funzionali», ovvero la possibilità per gli 007 di commettere reati per raggiungere i loro obiettivi. La norma attuale prevede che i reati debbano essere «proporzionati agli obiettivi» e commessi «in modo da comportare il minor danno possibile», e consente la mano pesante solo in casi limitati. Il disegno governativo allarga parecchio la libertà di movimento degli 007, anche quando sono infiltrati in organizzazioni criminali o terroristiche, e sono costretti - per restare credibili - a commettere delitti. Su questo tema dell'immunità/impunità il testo non raccoglie le richieste delle Forze armate che volevano estendere le «garanzie funzionali» anche al loro personale quando si trova costretto a reagire a iniziative avversarie (il caso-scuola è quello di una nave oggetto di attacchi cibernetici da forze nemiche) che richiederebbero risposta immediata. Ma il governo ha ritenuto che allargare l'area dell'immunità a soggetti esterni ai servizi segreti non fosse praticabile.

Infine i colloqui in carcere, attività dei servizi segreti da tempo oggetto di sospetti e di polemiche come quelli sul famoso «Protocollo Farfalla», una prassi basata su incontri informali e non registrati.

La versione attuale del disegno di legge non ne parla, ma nel testo definitivo il governo intende attribuire formalmente a Aisi e Aise questa facoltà.

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