Piazze divise su SuperMario. "Deve restare". "No, voto subito"

Da Milano a Torino e a Roma, il centrosinistra si mobilita a sostegno di Draghi. Dai meloniani polemica sull'appello dei 1.300 sindaci: "Rispettino il loro ruolo istituzionale"

Piazze divise su SuperMario. "Deve restare". "No, voto subito"

Un sit-in per Mario Draghi in piazza della Scala e un «flash mob» per le elezioni davanti alla Prefettura.

Due manifestazioni opposte, a Milano, divise da poche centinaia di metri, a sostegno delle due opposte opzioni al momento sul tappeto. Da un lato le forze del centro-sinistra, che chiedono al presidente del Consiglio di andare avanti fino alla scadenza naturale della legislatura; dall'altra i militanti di Fratelli d'Italia che invocano il voto.

La stessa scena si è vista in altre piazze. Bandiere italiane ed europee, ma anche di partito, sono comparse nelle piccole manifestazioni «Avanti con Draghi», a Torino in piazza Palazzo di città, a Roma in piazza San Silvestro, a Firenze in piazza della Signoria, e poi a Trento e in altri centri. «Con Draghi per il futuro dell'Italia e dell'Europa» si leggeva in uno striscione lungo quanto la facciata di Palazzo Marino, a Milano, al sit-in nato dal passaparola negli ambienti liberal-democratici e riformisti, e poi animato da «Italia viva» e «Azione» e da singoli esponenti del Pd. Un pezzo d'Italia convinta che, a dispetto dei 5 Stelle, non sia il momento di fermare l'azione del governo, e che le emergenze in corso - guerra, epidemia e crisi energetica - richiedano stabilità.

Per contro, FdI ha deciso di far sentire la sua voce, la voce di chi chiede di restituire la parola agli elettori, per dar vita a un governo legittimato ad affrontare questi problemi. In corso Monforte sono comparsi non colori di partito, ma cartelli «Elezioni subito!».

Obiettivo dichiarato è opporsi alla narrazione per cui l'Italia starebbe chiedendo «all'unisono» a Draghi di restare. E FdI ha pure contestato in Consiglio Giuseppe Sala, che nei giorni scorsi ha animato l'appello dei primi cittadini. «Il sindaco dovrebbe essere super partes - ha attaccato il capogruppo Riccardo Truppo - non schierarsi a sostegno di un governo dimissionario, facendo un uso di parte, o personalistico, del suo ruolo, senza neanche passare dall'Aula».

L'elenco dei firmatari alla lettera appello, intanto, si è allungato. Oggi va dal sindaco di Abbadia San Salvatore a quello Zugliano, da Roma Capitale alla minuscola Zerba, 70 anime nell'Appennino piacentino. Sono circa 1.300, al momento, gli aderenti. Tanti, secondo i promotori. Molti meno per chi calcola come non abbiano firmato 6.700 eletti, circa 5 volte di più. Il documento chiede al presidente del Consiglio di «proseguire l'azione di governo», e biasima in modo aperto e inesorabile la rottura decisa da Giuseppe Conte, generata - si legge - da «comportamenti irresponsabili di una parte della maggioranza».

La lettera aperta - che ha gratificato Draghi riconoscendogli «dignità e statura, politica e istituzionale» - pare abbia aperto una breccia nel cuore dell'ex presidente della Bce. Ma come detto, ha aperto una disputa sulla opportunità, o sulla legittimità di questo tipo di iniziativa di un amministratore locale.

Nel campo del centrodestra, qualche sindaco ha sottoscritto (quelli «indipendenti» di Genova e Venezia subito, poi quelli di Lucca, Barletta, Vercelli). Il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, ha fatto sapere di condividere lo spirito dell'appello. Moltissimi altri hanno deciso di non farlo. Lega e FI sono freddi, FdI dice «no». «La sinistra mi insulta in modo scomposto - ha detto ieri Giorgia Meloni, leader di FdI - perché mi sono permessa di criticare la scelta di alcuni sindaci di firmare l'appello per far sopravvivere il governo Draghi, e con lui la sinistra al governo.

Una forzatura che non tiene conto del fatto che quei sindaci, nel loro ruolo istituzionale, rappresentano anche molti cittadini che vorrebbero legittimamente tornare a votare, e mandare a casa la sinistra». «Rimandate le elezioni e continuate pure a calpestare le regole - la provocazione di Meloni - il giudizio dell'Italia arriverà ancora più deciso».

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