Altro che Terza Repubblica, ieri a Montecitorio è andata in scena la Prima. Gianfranco Fini, Fausto Bertinotti, Pier Ferdinando Casini e Carlo Scognamiglio riuniti sotto lo stesso tetto. Seduti uno accanto all'altro. Come ai vecchi tempi. Come un talk show degli anni '90. Quattro ospiti e un unico tema (divisivo): le riforme costituzionali di Giorgia Meloni. A mettere insieme i presidenti emeriti di Camera e Senato l'Associazione degli ex parlamentari e l'Associazione stampa parlamentare. Un salto nel tempo che è piaciuto agli oltre 250 presenti. Peccato che non sia stato trasmesso in tv. Lo share li avrebbe premiati.
Non sono mancate le scintille, anzi, il fuoco e le fiamme sul premierato che «non può essere demonizzato ma nemmeno incensato», ha detto Fini poco prima che si spegnessero le luci della sala, ma non le telecamere che hanno continuato a registrare l'incontro-scontro. «Andiamo verso una democrazia autoritaria», ha attaccato Bertinotti facendo da spalla a Casini che ha rilanciato: «Attenzione alla distorsione delle regole democratiche». Due contro uno. L'attenzione, però, era tutta concentrata su Fini ritenuto il padre politico di Meloni. Lui, «presidenzialista convinto», non ha nascosto i suoi dubbi. «Ero un convinto sostenitore del semipresidenzialismo francese e lo resto. La destra al governo ha dovuto prendere atto che il presidenzialismo non era praticabile perché all'interno della coalizione c'era il dissenso di Lega e Forza Italia. La politica è realismo e Giorgia Meloni ne ha preso atto. Spiace che, non avendo potuto guardare a Parigi, l'attuale governo non ha dato un'occhiata a Berlino» che, a detta di Fini, è il «più facile da comprendere» e il più stabile. «Trovo molto sorprendenti le riflessioni di Fini», ha detto Casini che, rivolgendosi a lui, parlando del governo Monti, ha aggiunto: «Tu hai verificato come quella capacità di moral suasion del capo dello Stato, in una situazione di emergenza, col tuo voto e col mio si sia scelto di trovare una soluzione. I poteri a fisarmonica del capo dello Stato sono funzionali a momenti di emergenza, che non sono la normalità».
«Non sono così sgarbato da dire che non hai capito, mi sono spiegato male io - ha replicato Fini - con le regole attuali quello che abbiamo fatto era doveroso ai sensi della Costituzione. Se fossimo stati in una Repubblica presidenziale non avremmo avuto un governo tecnico, saremmo andati alle elezioni che non sono una iattura», ha concluso Fini chiedendo a Meloni di cancellare le liste bloccate.
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