
Lui dice che ormai alla pensione gli mancava ben poco, e aveva pensato di ritirarsi già prima che gli piombasse addosso l'inchiesta che lo ha marchiato come una «gola profonda». In realtà a Michele Prestipino (nella foto), vice-procuratore nazionale antimafia, restavano ancora oltre due anni di lavoro, perché sarebbe andato in pensione solo il 27 settembre 2027, al compimento del settantesimo anno d'età: ed era intenzionato a passarli lì, nel posto di prestigio e di potere dove era approdato appena un anno fa, e che gli permetteva di controllare da vicino alcune tra le inchieste più delicate in corso in Italia, in particolare quelle sul Ponte sullo stretto.
Invece ieri annuncia il getto della spugna. «Ormai vicino al limite massimo previsto dalla legge è venuto il momento della pensione», dice Prestipino: una decisione «maturata da tempo», in cui l'avviso di garanzia ricevuto la settimana per rivelazione di segreti d'ufficio avrebbe «avuto ben poca importanza».
In realtà è fin troppo chiaro che la posizione di Prestipino era diventata insostenibile dopo che il suo superiore, il capo della Procura nazionale Giovanni Melillo, gli aveva ritirato la delega al coordinamento delle indagini. Una decisione anch'essa inevitabile, quella di Melillo, dopo quanto era emerso. Impensabile lasciare a coordinare le inchieste sullo Stretto un magistrato colto a confidare notizie segrete proprio a uno degli uomini chiave della gigantesca opera, il presidente di Eurolink (il principale appaltatore) Gianni De Gennaro. Lo stesso De Gennaro che era a capo della polizia quando Prestipino era pm a Palermo e dava la caccia ai latitanti di mafia: è in quegli anni che tra i due si salda un rapporto di ferro, che prosegue anche quando De Gennaro approda alla guida dei servizi segreti e Prestipino si trasferisce alla Procura di Roma. L'ex poliziotto e l'alto magistrato si danno del tu: come raccontano le intercettazioni con cui la Procura di Caltanissetta ha dimostrato il passaggio da Prestipino a De Gennaro di notizie destinate a restare segrete.
«Sono assolutamente tranquillo e persuaso che la vicenda sarà chiarita, acclarando la linearità del mio comportamento», dice ieri Prestipino.
Ma i tempi perché la vicenda sia chiarita sono imprevedibili, perché la caduta di Prestipino è solo uno spin off della inchiesta ben più vasta e delicata che la Procura di Caltanissetta sta gestendo sul lato oscuro della lotta alla mafia condotta nei decenni scorsi dalla Procura di Palermo: è l'indagine che ha già portato a incriminare per favoreggiamento a Cosa Nostra il grande sponsor di Prestipino, l'ex procuratore di Roma Giuseppe Pignatone. È nell'ambito di questa mega inchiesta che era sotto intercettazione De Gennaro, che dei segreti di quegli anni è un autorevole custode. Cosa volevano sapere, i pm nisseni?
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