Il nero dell'allarme fascismo agitato durante la campagna elettorale si è scolorito, virando sul grigio della «deriva autoritaria». È questo il nuovo spauracchio, l'ultimo babau disegnato dalla sinistra politica, giornalistica e culturale, allo scopo di additare la maggioranza di centrodestra e il governo guidato da Giorgia Meloni. Non più la visione distopica delle camicie nere in marcia con fez e manganello, ma la riflessione pensosa sulle presunte mosse spericolate di un esecutivo che secondo Repubblica «avvicina l'Italia all'Ungheria di Orbàn».
La Rai, Bankitalia, la Corte dei Conti, i diritti civili, la scelta del commissario per l'alluvione in Emilia Romagna, la presidenza della Commissione Antimafia, il video della premier da Palazzo Chigi in occasione del 1º maggio. Ogni scelta politica del governo diventa l'esca per tirare in ballo l'autoritarismo immaginario del centrodestra a guida Meloni. L'ex premier Romano Prodi, trasformatosi nel grande suggeritore di Elly Schlein, ha scritto la parola magica per ben due volte in tre giorni. Il 31 maggio, la prima lettera a La Stampa. «Il governo ora punta a prendersi tutto, questo è autoritarismo», il monito severo. Poi l'attacco sulle tv, come ai bei tempi dell'antiberlusconismo più aggressivo. «L'informazione si sta trasformando da duopolio in monopolio», denuncia Prodi nella lettera al quotidiano diretto da Massimo Giannini. Per il professore, il centrodestra avrebbe anche dovuto evitare di vincere le ultime elezioni amministrative. Un trionfo che si è concretizzato solo perché «la destra sa governare meglio di altri le paure». Repubblica agita lo spettro di una «democrazia illiberale» alla Orbàn.
Ma perché tanta solerzia? Risponde Prodi in un altro messaggio a La Stampa. «Per avere una conferma della mia preoccupazione sull'aumento di autoritarismo del governo, è bastato un solo giorno. Il braccio di ferro per limitare il ruolo della Corte dei Conti ne è un'ulteriore prova», rincara la dose l'ex leader del centrosinistra. Il riferimento è alla decisione del governo di escludere il «controllo concomitante» della Corte dei Conti sul Pnrr, con la proroga fino a giugno 2024 dello scudo erariale. Una scelta che per la deputata del Pd Debora Serracchiani è l'«ennesimo tassello di una deriva autoritaria». La stessa espressione utilizzata da Prodi. Obiezioni identiche a quelle espresse da vari esponenti del Pd e dei giornali progressisti all'indomani del trasloco di Fabio Fazio dalla Rai a Discovery. Critiche ripetute dopo la lettera di dimissioni da Viale Mazzini consegnata da Lucia Annunziata al nuovo amministratore delegato Roberto Sergio. Motivo? «Non condivido nulla dell'operato del governo». Nella stessa missiva, Annunziata faceva trapelare il timore di possibili blitz della nuova dirigenza della Rai sugli autori e sulla collocazione nel palinsesto di Mezz'ora in Più.
E come potevano mancare i diritti civili. Dopo la contestazione che ha impedito di parlare alla ministra Eugenia Roccella al Salone del Libro di Torino, Schlein ha ribaltato la questione: «La destra non tollera il dissenso». In prima linea gli artisti.
L'ultimo rimbrotto porta la firma di Tiziano Ferro, che in un'intervista a Grazia ha picchiato sul governo: «La maternità surrogata come reato universale sarebbe l'ennesimo decreto contro gli omosessuali». Dall'allarme fascismo al fantasma dell'autoritarismo.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.