Vladimir Putin cambia idea: da oggi il gas andrà pagato in rubli. Se non ci fosse in ballo una guerra e di mezzo un'altra bagatella come gli approvvigionamenti energetici, si potrebbe pensare al classico pesce d'aprile. Lo zar Vlad, infatti, dice e si contraddice. Prima, mercoledì scorso, impone il fermate le macchine al cambio di regime valutario («Ci vuole tempo»); poi, ieri, mette la firma al decreto che alle orecchie europee suona come un ricatto inaccettabile. Riassume il capo del Cremlino: «Nessuno ci vende niente gratis, e noi nemmeno faremo opere di carità. Ciò significa che i contratti esistenti, in caso di mancato pagamento del gas in rubli, saranno interrotti». Ovvero, rubinetti chiusi.
Eccola, la madre di tutte le minacce di natura economica, quella che ha fatto subito salire il prezzo del 5%, a 125,9 euro il megawattora. Calata sul tavolo con incorporato l'alibi che gli Stati Uniti «cercano di risolvere i propri problemi a scapito altrui. Vogliono spingere l'Europa ad acquistare il gas americano, che è più caro». Il corto circuito sui rapporti di causa ed effetto fa peraltro il paio con la mancanza di chiarezza su come, sotto il profilo tecnico, andranno regolati i conti per evitare l'interruzione dei flussi di metano. Gazprombank, esclusa dalle sanzioni, sembra la più accreditata a gestire un sistema di changeover che, si ipotizza, correrà su un doppio binario, con i compratori costretti a aprire un conto in euro (o dollari) e un altro in rubli. Una volta effettuato il pagamento, gli euro verrebbero convertiti dalla stessa banca nella moneta russa, a un tasso di cambio stabilito da Mosca. Per il resto, si attendono dettagli. Anche sull'ispezione di ieri, senza preavviso, della Commissione Ue che avrebbe riguardato Gazprom, per possibile abuso di posizione dominante.
Nel decreto è stato inoltre lasciato spazio alla possibilità di effettuare alcuni pagamenti senza utilizzare la valuta di Mosca. I casi in cui sarà autorizzato il versamento non in rubli - spiega la Tass - saranno individuati dalla commissione che vigila sugli investimenti stranieri, a cui Putin ha dato dieci giorni di tempo per approvare la procedura che autorizza i permessi. Sono i contratti già sottoscritti quelli che potrebbero essere esentati dalla conversione in rubli? Se così fosse, resterebbe inalterata la valuta di riferimento per i contratti stipulati dalla Commissione europea per la fornitura di 15 miliardi di metri cubi di gas all'anno, in scadenza a fine 2022, e quelli per 40 miliardi di metri cubi validi fino al 2030. Identica sorte per gli accordi fra Italia e Russia, in vigore fino al 2035. Alcuni analisti sostengono però che l'intenzione di Putin è quella di assoggettare tutti i contratti alle nuove regole, stabilendo alcune esenzioni che saranno decise nei prossimi giorni, come peraltro indicato nel decreto. Un voltafaccia vero e proprio rispetto a quanto detto mercoledì scorso, nel corso di un colloquio telefonico, dal capo del Cremlino a Mario Draghi. «Vi riferisco le parole del presidente Putin: i contratti esistenti rimangono in vigore - aveva infatti detto ieri nel primo pomeriggio il premier . Le aziende europee - continueranno a pagare in euro o in dollari». Prevedibile, quindi, l'irritazione per i nuovi sviluppi da parte dell'ex numero uno della Bce, che in serata ha sentito il Cancelliere tedesco, Olaf Scholz, per definire una linea comune.
Linea che è già tracciata, visto che Germania e Francia non credono all'happy end. «Non accetteremo in alcun modo di pagare il gas in altre divise rispetto a quelle sancite dai contratti», hanno ribadito in una conferenza stampa congiunta i ministri dell'Economia francese e tedesco, Bruno Le Maire e Robert Habeck. Scholz tiene il punto: «Abbiamo guardato i contratti, c'è scritto che si paga in euro. E ho chiarito nella telefonata con Putin che rimarrà così». Il braccio di ferro è così destinato a proseguire. L'altro fronte, quello del petrolio, rimane intanto caldo.
Per far scendere i prezzi, la Casa Bianca ha ordinato il rilascio di un milione di barili di greggio al giorno dalle riserve strategiche per sei mesi. I conti so presto fatti: un prelievo da 180 milioni di barili. Una mossa senza precedenti.
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