Milano - Maryan Ismail, lei è italo-somala, da sempre si occupa di diritti delle donne e si batte per un islam moderno, che idea si è fatta delle ultime notizie su Silvia Romano?
«Sono plausibili purtroppo, e non c'è altro modo di definire tutto ciò, se non violenza e tortura».
Ma che senso ha?
«Per soggiogarla è possibile che sia successo, che l'abbiano sottoposta a questo trattamento per far capire chi comanda. Ovviamente non ha alcun senso ed è privo di ogni validità in una lettura autentica dell'islam, dove anche i matrimoni combinati richiedevano il consenso delle famiglie. Si spiega invece con una lettura violenta dell'islam, in cui le leggi coraniche vengono piegate a proprio piacimento».
Stiamo parlando degli islamisti di Al Shabab, la cellula qaidista che ha ucciso in un attentato anche suo fratello.
«Sono in grado di fare cose simili, in una logica jihadista. Il messaggio è questo: Io impongo la legge e tu devi sottostare».
Comandano loro in Somalia?
«Hanno in mano la stragrande parte del Paese. Sono una derivazione delle corti islamiche, intervenute per mettere pace in una Somalia devastata da un conflitto clanico. Ovviamente alla guerra clanica ne è seguita una religiosa. Non è stato pacificato proprio niente, hanno usato la religione come se fosse un bieco strumento di potere militare e politico. Sono anche presenti al governo, anche se sotto mentite spoglie».
Cosa ne è della Somalia della sua infanzia?
«È stata travolta da un'onda nera. La nostra tradizione era matriarcale, le donne erano forti e autonome, decidevano per sé, per i figli e per la famiglia. Da queste consuetudini si è passati a regole religiose che nulla hanno a che vedere con la nostra tradizione spirituale, che era sufica, sincretica, molto legata alle tradizioni e all'identità locale. Sono stati spazzati via i tribunali che decidevano sul diritto consuetudinario, tutto è saltato. È stata imposta una visione violenta di marca salafita, waabita, e purtroppo è difficile contrastare chi usa in questo modo la parola di Allah».
Una nuova colonizzazione?
«Sì, una colonizzazione violenta, anche etnica e culturale. Le vesti colorate sono sparite e le donne sono pesantemente vestite di nero dalla testa ai piedi, anche le bambine, cosa che era un tabù».
Come è accaduto alle yazide?
«Sì, alle donne afgane, o yazide, alle curde o nelle zone in mano all'Isis, e in modo più strutturato alle iraniane. Ma in Africa pensiamo a cosa ha fatto Boko Haram, alle ragazze cristiane portate nei boschi e convertite a forza. Silvia sarà terrorizzata, povera ragazza. In situazioni simili si fa ciò che pare utile ai fini della cosa più importante, salvare la vita».
Cosa spera per lei?
«Che la tirino fuori da lì, l'Italia non deve vergognarsi di salvarla. Si trova in una situazione più grande di lei, senza colpa».
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