Roma Il Colosseo come una mucca da mungere. Quaranta milioni l'anno che fanno gola, al punto da immaginare un nuovo ente gestore, alle dipendenze del Ministero, che punti a un'ulteriore «valorizzazione». Dal punto di vista del Campidoglio, un'intollerabile, ignobile «scippo» del governo ai danni della Capitale.
Si vis pacem para bellum. È nel giorno del «Natale di Roma», appunto ieri, che la giunta Raggi dichiara ufficialmente guerra al Mibac di Dario Franceschini. E annuncia il ricorso al Tar contro il decreto varato il 12 gennaio scorso dal ministro che indice «selezione pubblica internazionale per un nuovo direttore del Parco archeologico del Colosseo». Di fatto, l'avocazione al governo della gestione con rimodulazione degli introiti: se prima l'80 per cento andava alla Sovrintendenza, con l'ente autonomo del Colosseo ne sarebbero arrivati soltanto il 30 per cento. Infruttuosi, a detta del sindaco e dell'assessore capitolino alla Cultura, Luca Bergamo, i tentativi di mediare con il ministro per una scelta condivisa. «Difficile il dialogo, se si trova una porta chiusa», lamenta la Raggi. «Non ci è rimasto altro che il ricorso al Tar», spiega l'assessore. «Inaccettabile», è il giudizio del sindaco sul decreto «calato dall'alto» che sembra vole far gestire «al governo in autonomia il patrimonio culturale di Roma capitale». Un decreto, aggiunge la Raggi, che «ridimensiona la Sovrintendenza e crea una confusione senza pari, per cui finiscono per crearsi aree di serie A e serie B... con il proliferare di enti, organismi e istituzioni che si occupano a vario titolo del patrimonio culturale». E la giunta a Cinquestelle, sostenuta in questa battaglia al Tar anche da Sinistra per Roma di Stefano Fassina, denuncia anche «la logica mercantilistica per cui tutto è in vendita».
Affidata a un tweet la prima reazione di Franceschini. «Incredibile: Virginia Raggi impugna al Tar la scelta di dare al Colosseo vera autonomia e direttore scelto con selezione internazionale! ... I Cinquestelle si riempiono quotidianamente la bocca di cambiamento, trasparenza e innovazione, poi vogliono bloccare a Roma una riforma che sta dando frutti in tutta Italia...».
Altrettanto inviperita e «allibita» la presidente del Pd laziale, l'ultrafranceschiniana Bonaccorsi. Ma a decidere su quest'ultimo capitolo della querelle infinita tra Pd e Cinquestelle sarà il giudice amministrativo.Roos
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