Raid Usa-Israele: "Resa degli Houthi"

Distrutto lo scalo di Sanaa. Tel Aviv sull'annuncio di Trump: "Non ci ha avvisato"

Raid Usa-Israele: "Resa degli Houthi"
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Fuori uso l'aeroporto di Sanaa, la capitale dello Yemen, dove sono stati distrutti aerei e terminal. Nessuna vittima nello scalo, grazie alla strategia in stile-Gaza dell'Esercito israeliano (Tsahal), che con una mossa senza precedenti in quest'area, ha avvisato di evacuare qualche ora prima. Colpite anche diverse centrali elettriche nella regione e una fabbrica di cemento a nord della capitale, dopo i raid in collaborazione con Usa e Regno Unito, che hanno preso di mira la notte prima sia il porto di Hodeidah, usato «per il trasferimento di armi iraniane e attrezzature per scopi terroristici», sia il cementificio di Bajil: tre i morti.

Israele colpisce al cuore gli Houthi in Yemen, per vendicare l'attacco sferrato due giorni prima dai combattenti filo-Iran all'aeroporto di Tel Aviv (6 feriti). Donald Trump annuncia: «Hanno capitolato. Non colpiranno più le navi nel Mar Rosso. E noi fermeremo i raid» promette, dicendo che gli islamisti hanno contattato l'Amministrazione. L'Oman conferma un accordo di «cessate il fuoco» Usa-Houthi, mentre il portavoce del gruppo, Mohammed al-Bukhaiti, definisce «inaccurata» la dichiarazione di Trump: «Le operazioni contro Israele a sostegno di Gaza continueranno». Funzionari israeliani si dicono «scioccati» dall'annuncio di Trump, che non li ha informati.

La speranza è che l'arrivo del capo della Casa Bianca, la sua disperata voglia di lasciare il segno, possano davvero incidere sugli scenari mediorientali. Ma il caso Houthi dimostra anche come crescano i timori di dichiarazioni a effetto di Trump, a rischio di provocare nuovo caos. «The Donald» starebbe valutando una tappa in Israele, finora non programmata, insieme alla visita prevista dal 13 al 16 in Arabia saudita, Qatar ed Emirati arabi uniti. Lui promette «un annuncio significativo» prima della partenza già domani, venerdì o lunedì. Il suo inviato, Steve Witkoff, ha fatto sapere che «molto presto» altri Paesi si uniranno agli Accordi di Abramo del 2020, confermando l'intento di rilanciare il processo di avvicinamento dei Paesi arabi a Israele. Quanto a Gaza: confermati «contatti quasi giornalieri» con Egitto e Qatar per il rilascio degli ostaggi, mentre il premier israeliano Netanyahu avverte Hamas: «Liberi gli ostaggi o vi faremo a pezzi».

La realtà è sempre più drammatica nella Striscia, con scenari persino più foschi dopo il piano per la «conquista» di Gaza approvato da Israele e che per essere attuato aspetterebbe proprio la fine del viaggio di Trump, una sorta di ultimatum. La prospettiva di «invasione massiccia» indigna i parenti degli ostaggi, che accusano il governo di «abbandono» e la comunità internazionale di «indifferenza». L'Onu avverte che «a Gaza c'è bisogno di cibo e acqua, non di bombe». «Azione per la Fame» avvisa che l'80% delle famiglie sta per finire i viveri, e le cancellerie internazionali si fanno sentire, senza incidere sulle vite dei palestinesi, presto costretti a nuovi sfollamenti. Londra e Parigi sono «preoccupate» per l'escalation e anche la Cina, «contraria» a piano di conquista di Gaza.

Ma il ministro delle Finanze ed esponente dell'ultradestra israeliana, Bezalil Smotrich, è feroce e inequivocabile: «In sei mesi Gaza sarà completamente distrutta», in gran parte «vuota», con gli abitanti «disperati», «concentrati nella parte meridionale», che «vorranno essere trasferiti per iniziare una nuova vita in altri posti».

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