Regioni e Comuni rossi ora boicottano Israele ma fanno affari con regimi e dittature

In campo sindaci e governatori, l'ultimo è Giani. Relazioni con Cina e Iran e aperture alla Russia

Regioni e Comuni rossi ora boicottano Israele ma fanno affari con regimi e dittature
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L'ultima trovata è il boicottaggio anti-Israele di Regioni e Comuni, che intanto fanno (o portano avanti) gli affari, o il dialogo, con le dittature.

Con Israele no. Il furore anti-Israele è dilagante, a tutti i livelli. E governatori e sindaci, evidentemente, non intendono rimanere indietro. Così, seguendo l'esempio di città estere come Barcellona, e università, la moda è interrompere le relazioni con lo Stato (democratico) ebraico, impegnato in una durissima guerra contro i terroristi di Hamas nella striscia di Gaza.

C'è chi chiede di non rinnovare il memorandum d'intesa e chi vuole cancellare i gemellaggi. L'ultima notizia riguarda la Toscana. Il governatore Eugenio Giani ieri ha annunciato che intende portare in Consiglio regionale «una deliberazione formale di sollecitazione al governo italiano affinché riconosca lo Stato di Palestina come libero, sovrano e autonomo». Non meglio precisate le autorità con le quali discutere percorsi, confini e altre condizioni, sempre che ci siano. Perché a Gaza, fino a prova contraria, il potere è ancora in mano ad Hamas.

Passi ancor più incauti hanno coinvolto nei giorni scorsi l'Emilia Romagna, la Puglia e i rispettivi capoluoghi, che fra grandi squilli di tromba hanno annunciato di voler recidere ogni rapporto con lo Stato ebraico.

La decisione è innanzitutto velleitaria: la politica estera infatti la fa il governo, non certo le amministrazioni locali. È poi controproducente, visto che Israele è un Paese avanzatissimo nei settori dell'intelligenza artificiale e delle start-up, e fa letteralmente miracoli con acqua e agricoltura. La Puglia, per esempio, lo ha scritto il Riformista, ha in essere un contratto col ministero dell'Agricoltura israeliano «per risolvere il problema della xilella degli ulivi senza abbatterli». Un dramma per la Puglia e pare che Israele sia l'unico paese al mondo che ha trovato un rimedio efficace di questo tipo. «Una lunga storia di collaborazione quella tra la Puglia e Israele» si legge nel sito del Consiglio regionale. Una storia in cui ha un ruolo chiave l'Acquedotto pugliese. La Puglia si sacrifica in nome degli ideali dunque? La cronaca, anche recente, dice che non è così.

La rottura delle relazioni, infatti, sembra anche strumentale: vale solo per Israele. In rete, infatti, si trovano iniziative e strette di mano. La collaborazione economica tra Puglia e Iran, una delegazione iraniana a Bari, la Puglia in Cina con una mostra, la Puglia alla «China International Import Export» di Shanghai «per incrementare la visibilità del brand Puglia». E non solo la Puglia. Di cinque giorni fa la notizia che il governatore Michele de Pascale ha ricevuto il console generale cinese Liu Kan. «Al centro dell'incontro il rafforzamento dei rapporti di collaborazione tra Emilia-Romagna e Cina». Tutto normale? Evidentemente de Pascale garantisce sugli standard democratici del regime di Pechino. E tornando in Puglia, la Regione - si legge in una nota del 2022 - «incontra la Provincia cinese del Guangdong per rinnovare amicizia e collaborazione in vista di un futuro di pace».

Ed Emiliano, il giorno stesso della guerra russa contro l'Ucraina, dichiarò: «Mettiamo a disposizione il primato di relazioni della Puglia». Perché le relazioni con la Russia e la Cina diventano una leva per la pace e quelle, vitali, con Israele si mandano a monte?

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