Gli agricoltori non ne possono più delle imposizioni di Bruxelles. Esasperati. «Regole demenziali che producono più danni che benefici all'ambiente», si sfoga con Il Giornale Antonio Boselli (nel tondo) ex presidente di Confagricoltura Lombardia e titolare di azienda zootecnica e di una stalla con 130 vacche. Boselli è in piena attività, sta irrigando quando all'ora di pranzo accetta di parlare delle sofferenze degli agricoltori per colpa dei folli regolamenti Ue. Tre giorni fa ha postato una foto emblematica: un aratro trasportato da asini. Finiremo così grazie a Bruxelles? «Sarà quello l'epilogo se non cambiamo marcia. A furia di divieti non avremo alternative. Gli asini». Quale invece dovrebbe essere la risposta per realizzare un'agricoltura ecosostenibile? «Certamente non quella dei divieti ma una soluzione potrebbe essere un investimento serio per l'innovazione dei macchinari agricoli». Invece l'Europa chiede agli agricoltori di destinare entro il 2030 il 25 % dei terreni all'agricoltura biologica. «Una regola demenziale e non certamente ecosostenibile. L'agricoltura biologica ha una resa produttiva del 40% in meno rispetto all'agricoltura normale. Quindi io per soddisfare la domanda sarò costretto a utilizzare più terreno e quindi consumare più ambiente». Parliamo di una clamorosa contraddizione contenuta nelle regole varate da Bruxelles. «Attenzione. Non è l'unica». Altre? «Partiamo da una premessa. L'agricoltura ha una funzione naturale. Serve a produrre cibo di buona qualità a prezzi contenuti per soddisfare una richiesta della popolazione. Se l'Europa continua sulla strada dei divieti non saremo più in grado di soddisfare la richiesta di cibo, cosa che già avvenendo per la soia. E dunque ci rivolgeremo a mercati, tipo Australia, Cina e India, che possono rispondere alla nostra domanda, non avendo vincoli. Non c'è reciprocità. Bruxelles ci chiede regole che poi non fa rispettare ad altri Stati come Cina, India e Australia».
Quindi la soluzione è continuiamo a inquinare e divorare terreni? «Assolutamente. In linea di principio il Green Deal europeo è anche condivisibile. Ma sbagliati sono gli strumenti. Io nella mia azienda già pratico tecniche di agricoltura ecosostenibile come il doppio raccolto sullo stesso terreno e l'agricoltura conservativa. Dobbiamo lavorare per usare meglio i pesticidi, non eliminarli. Ma credo che la svolta si potrà avere solo se l'Europa decide di imboccare la strada le tecniche di evoluzione assistita (Tea)». Di cosa parliamo. «Sono nuove biotecnologie per rendere l'agricoltura più resiliente e garantire la sicurezza alimentare». Il governo italiano è favorevole ad appoggiare questa richiesta? «Devo dire che ho riscontrato una disponibilità positiva da parte del ministro Francesco Lollobrigida. La decisione spetta come sempre all'Europa e siamo in enorme ritardo».
Cosa rischiamo? «Le faccio un esempio. Paesi come Australia, Sudafrica e Cile utilizzano i Tea per il vino. Galoppano a ritmi impressionanti, nel giro di un decennio possono superare l'Italia. Dobbiamo muoverci in fretta».
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