I l giorno dopo gli scontri di piazza a Roma, Maurizio Landini sale a Palazzo Chigi, riapre la trattativa con la Thyssen facendo sponda con Matteo Renzi, e poi annuncia pure come e quando si farà lo sciopero generale (a novembre quello della Fiom, a dicembre quello di tutta la Cgil), scavalcando Susanna Camusso che tentava di prendere tempo.
Nelle riprese tv, il premier sorride e scambia strette di mano con il leader della Fiom: «L'imperativo morale è portare a casa la vertenza Ast», assicura, e poi precisa: «Non vogliamo fare a meno del sindacato nelle trattative». Come dire: con Landini tratto eccome, sulle vertenze concrete, ma non concerto le politiche del governo con la Cgil. «Parliamoci chiaro - aggiunge - io non consentirò di strumentalizzare Terni. Imperativo morale è chiudere la vicenda. Le discussioni politiche le lasciamo fuori da qui».
Il combinato disposto premier-leader Fiom fa saltare i nervi a Susanna Camusso, che cerca di guidare da Corso d'Italia un'offensiva tutta politica contro il governo Renzi, mentre Landini sale a Palazzo Chigi e tratta con il premier per bloccare i licenziamenti. La leader Cgil spara a zero: «Il presidente del Consiglio dovrebbe provare ad abbassare i manganelli dell'ordine pubblico» tuona. Lasciando intendere che, dietro le cariche di piazza, ci sarebbe la manina del perfido Renzi: «Stupisce che queste cose possano avvenire per caso. Ci deve essere un ordine». «Dichiarazioni discutibili e sbagliate», commenta il presidente del Pd Matteo Orfini. Che bacchetta anche chi, nella minoranza Pd, cerca di cavalcare l'onda degli scontri per mettere in difficoltà il governo: lo ha fatto ieri il bersaniano Davide Zoggia, che in un'incauta intervista al Corriere si è lasciato andare a un'ardita connessione: «È inevitabile pensare a certe coincidenze: alla Leopolda Davide Serra dice cose gravi sul diritto di sciopero e tre giorni dopo che succede? I poliziotti caricano gli operai». I renziani si dicono «indignati» e chiedono «smentite». Ma nella stessa minoranza le parole di Zoggia venivano ieri giudicate da molti «insensate», e il capogruppo Roberto Speranza, a quanto si racconta in Transatlantico, avrebbe dato una strigliata al parlamentare. «Stiamo trattando con il governo per cercare di ottenere dei miglioramenti al Jobs Act, è da masochisti mettersi a provocare in questo modo, facendoci finire tutti dalla parte del torto», ragiona uno dei «mediatori» Pd.
È lo stesso Landini, del resto, a non dare sponde a chi nella sinistra Pd vorrebbe ritorcere i manganelli sul cranio del premier: è stata una «pagina negativa che non si deve più ripetere», dice. Ma si guarda bene dal chiedere le dimissioni di Alfano («Non chiedo le dimissioni di nessuno, ma che si accerti quel che è accaduto») e soprattutto si occupa di portare a casa i risultati sindacali: «Per noi è fondamentale evitare licenziamenti. Siamo pronti quanto prima a sederci a un tavolo. Abbiamo chiesto che l'azienda confermi le cose dette al governo».
Il quale governo si trova ad affrontare problemi su vari fronti, in Parlamento. Sul Jobs Act, assicurano i renziani, il premier difficilmente aprirà i cordoni della borsa alla minoranza Pd che chiede di inserire nel testo il reintegro per i licenziamenti disciplinari (come votato in Direzione): al massimo, dicono, il governo accoglierà un ordine del giorno che chieda di scriverlo nei decreti delegati. Ma ieri sulla legge di Stabilità si è già abbattuta la scure della commissione Bilancio: stralciate decine di norme «localistiche e microsettoriali», ha spiegato il presidente Francesco Boccia, fiero avversario del premier e alleato con la sinistra Pd.
Tra cui quella che finanziava i lavoratori «socialmente utili» di Napoli e Palermo, gettando nel panico i deputati locali: «Meglio che non torniamo a casa, questo fine settimana». E sulla riforma dell'Italicum, su cui il Pd vorrebbe accelerare, Forza Italia traccheggia. Tanto che ieri al Senato si vociferava di un'offerta renziana ai grillini: «Ragioniamo sul Mattarellum».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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