
Report "spione" finisce nei guai per un audio rubato ma attacca i Servizi che a suo dire "spiano indisturbati i giornalisti". Il conduttore della trasmissione d'inchiesta Rai Sigfrido Ranucci e il suo giornalista Luca Bertazzoni sarebbero indagati dalla Procura di Roma per aver violato la privacy della moglie dell'ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. Aver reso nota una conversazione privata tra il giornalista Rai e il coniuge Federica Corsini, captata dall'ex collaboratrice del ministro Maria Rosaria Boccia, è "un'interferenza illecita nella vita privata" dei due. È lo stesso reato contestato dai pm capitolini proprio alla Boccia, accusata anche di stalking, lesioni e diffamazione ai danni dell'ex ministro, tanto che la Procura potrebbe chiederne il rinvio a giudizio.
A rivelarlo sono Maurizio Gasparri e Roberto Rosso, membri della Vigilanza Rai, che chiedono alla Rai di prendere le distanze da Ranucci: "Viale Mazzini non può diventare strumento di un gossip sguaiato". Il giornalista cade dalle nuvole, dice di non saperne nulla dell'indagine e difende le sue scelte: "È un audio di pochi minuti", estrapolato da ore di conversazioni ("quelle sì, di gossip", aggiunge), che a suo dire conteneva "una notizia di grande interesse pubblico che ha portato a uno scandalo internazionale e alle dimissioni di un ministro" - tanto che il Consiglio di disciplina dell'Ordine l'ha già scagionato - perché sarebbe la prova che Sangiuliano "ha stoppato il contratto alla Boccia perché gliel'ha chiesto la moglie, non per presunti conflitti come dichiarato al Tg1". Il conduttore di Report ricostruisce anche i momenti successivi: "Sangiuliano con un sms chiede al capo di gabinetto di sospendere l'iter".
Fin qui la difesa di Ranucci appare coerente (anche se i pm la pensano diversamente). Ma il veleno arriva subito dopo: "Secondo me a breve esploderà un altro bubbone su operazioni di spionaggio fatte dai servizi senza lasciare traccia. Si tratta di operazioni coperte, effettuate senza la traccia di un documento", dice il vicedirettore Rai alla conferenza sul Media freedom act della Ue organizzata in Senato ieri dal senatore di Avs Peppe De Cristofaro, assieme all'ex ministro delle Comunicazioni Vincenzo Vita e al presidente dell'Ordine dei giornalisti Carlo Bartoli. Una norma che la sinistra considera un bavaglio al giornalismo d'inchiesta e che, secondo gli organizzatori, "Giorgia Meloni userà per controllare l'informazione". In videocollegamento con Ranucci c'erano anche Francesco Cancellato e Ciro Pellegrino di Fanpage, spiati dal software Graphite della israeliana Paragon in uso alla nostra intelligence, che però si è detta estranea allo spionaggio.
Che cosa sa Ranucci? Perché attaccare alcuni 007? Chi sono? Che prove ha? Se ne occuperà Report? Difficile capirlo, visto il suo nervosismo che si è concentrato soprattutto negli strali contro i due parlamentari azzurri, rei grazie a chissà quali fonti di aver rivelato l'indagine a suo carico e mettendolo in imbarazzo: "Gli atti li ha diffusi la magistratura, nessun segreto e nessun mistero. Noi agiamo con trasparenza - risponde piccato Gasparri - non come quelli che inseguono posti all'Anticorruzione". A cosa si riferisce?
L'ultima dose di veleno Ranucci l'ha sputata sulla Rai, con cui è evidentemente in rotta (le lusinghe milionarie che La7 gli avrebbe fatto appaiono sempre più irrinunciabili) colpevole non solo di aver tolto al vicedirettore ad personam la responsabilità della firma per quello che riguarda presenze, contratti, trasferte, acquisti, questioni legali penali civili e i rapporti con le autorità, affidate al giornalista di
Report Luigi Pompili, ma soprattutto di aver dato uno spazio su Raitre "con ascolto protetto" al direttore del Tempo Tommaso Cerno alla domenica pomeriggio. Alla faccia della libertà d'informazione che dice di voler difendere.