La Repubblica delle querele

Quasi viene da chiedersi se non sia meglio una sana scazzottata tra gentiluomini piuttosto che questo ridicolo balletto di politici che si querelano tra loro

La Repubblica delle querele

Quasi viene da chiedersi se non sia meglio una sana scazzottata tra gentiluomini piuttosto che questo ridicolo balletto di politici che si querelano tra loro. La sindrome non è nuova, tanto che una quindicina di giorni fa aveva fatto notizia lo scontro tra Maurizio Gasparri e il cantante Fedez, causa uno scambio di tweet al vetriolo. Con il secondo a querelare il primo (100mila euro la richiesta di risarcimento) e il vicepresidente del Senato a controquerelare a stretto giro (rilanciando a 500mila euro).

L'epidemia, però, è scoppiata ieri, dopo una prima avvisaglia a inizio settimana come strascico del caso Campania. Vinte le elezioni, infatti, Vincenzo De Luca ha querelato Rosy Bindi per diffamazione, attentato ai diritti politici e abuso d'ufficio. Dopo di lui, anche Sandra Lonardo Mastella (moglie di Clemente) - pure lei nella lista degli impresentabili - si è tolta la soddisfazione di una querela contro la presidente dell'Antimafia.

Da ieri, poi, un vero e proprio crescendo. Con Gianni Alemanno e Giorgia Meloni che querelano Ignazio Marino per aver detto che è stato con la destra che la criminalità organizzata si è infiltrata in Campidoglio. «Marino dovrà rispondere in sede giudiziaria delle sue false dichiarazioni», tuona Meloni. Mentre Alemanno arriva a querelare anche Francesco Merlo e Pietrangelo Buttafuoco, firme rispettivamente di Repubblica e Fatto Quotidiano. E con spirito bipartisan Francesco Rutelli fa pari e patta e querela il quotidiano Libero.

Se però può avere una sua ratio difendersi in un processo da articoli o ricostruzioni giornalistiche che si considerino lesive della propria reputazione, quello che fa sorridere è che la politica sia arrivata a una mancanza di argomenti tale da doversi affrontare nell'aula non del Parlamento ma di un tribunale. Non basta, insomma, replicare con un'intervista, un comunicato stampa o un tweet. Bisogna farsi forti di un istituto del diritto processuale penale come è la querela, quasi a cercare di dare un'aura di autorevolezza alla propria verità.

La Repubblica delle querele, potrebbe essere il titolo della giornata.

Anche perché la febbre contagia pure Luigi Di Maio, membro del direttorio grillino. Che, fa sapere Beppe Grillo via Twitter, querela il presidente del Pd Matteo Orfini. A conferma che il M5S si va ormai adeguando a ritmi e cliché del Palazzo.

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