La riforma tedesca fatta all'italiana

Il 17 marzo il Bundestag ha approvato con 399 voti favorevoli, 261 contrari e 23 astenuti una riforma elettorale che potremmo definire all'italiana sotto diversi aspetti

La riforma tedesca fatta all'italiana

Il 17 marzo il Bundestag ha approvato con 399 voti favorevoli, 261 contrari e 23 astenuti una riforma elettorale che potremmo definire all'italiana sotto diversi aspetti. Per cominciare, si tratta di una riforma partigiana. Approvata dalla maggioranza di governo in solitudine. Come le riforme costituzionali approvate in solitudine da noi nel 2001 (riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione) e nel 2015 (riforma della Costituzione) dal centrosinistra e nel 2005 (riforma della Costituzione) dal centrodestra. Ma riforme di tal fatta hanno le gambe corte. Tant'è vero che quelle del 2005 e del 2015 sono state impietosamente bocciate dai referendum confermativi. E la stessa sorte potrebbe capitare alla legge elettorale tedesca, visto e considerato che le opposizioni si sono appellate alla Corte costituzionale di Karlsruhe.

In secondo luogo, si tratta di una riforma all'italiana perché si passa da un numero variabile a un numero fisso di componenti del Bundestag. Come per l'appunto era previsto da noi dalla legge costituzionale 9 febbraio 1963 n. 2 di riforma dell'articolo 56 della Costituzione, che portava a 630 il numero dei deputati (come per l'appunto adesso nella Repubblica federale tedesca) e non più rapportato al numero della popolazione. Un numero fisso sceso a 400 deputati in Italia.

Ma la riforma elettorale tedesca è partigiana non solo per essere stata approvata da una maggioranza di governo contro le opposizioni, ma anche per il merito. O, per meglio dire, per il demerito. Se la legge elettorale germanica aveva un pregio era quello di essere definita proporzionale personalizzata. Infatti il secondo voto, fatta salva la clausola di sbarramento del 5 per cento, era rigidamente proporzionale. Tanti voti, tanti seggi. Ma nel primo voto a disposizione degli elettori costoro potevano scegliersi i loro deputati in collegi uninominali pari alla metà dei seggi assegnati al Bundestag. Orbene, con questa riforma non sarà più così. Perché la quota proporzionale nelle mani di Sua Maestà la Partitocrazia, il tiranno senza volto di Giuseppe Marani, aumenta da 299 a 331 seggi. A tutto scapito, dunque, del numero dei collegi uninominali.

Non è finita. Questa riforma è concepita come instrumentum regni dal cancelliere Olaf Scholz, un socialdemocratico che arranca a mala pena su uno scassato triciclo formato, oltre che dal suo partito, da liberali e verdi. Difatti la riforma non consente più ai partiti che abbiano conquistato almeno tre seggi nei collegi uninominali di partecipare alla ripartizione proporzionale.

Perciò il cancelliere spera che alle prossime elezioni i democristiani bavaresi e la sinistra non raggiungano il 5 per cento e siano esclusi dal Bundestag. Ma se per il mugnaio di Potsdam ci sono dei giudici a Berlino, le opposizioni confidano nei giudici di Kalsruhe.

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