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Riforme? Il Colle fa piani a lunga scadenza

Smentite le voci sulle dimissioni di Mattarella che già prepara il viaggio in Cina nel 2024

Riforme? Il Colle fa piani a lunga scadenza

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Dimettersi? Ma dai. Per il premierato, poi? Macché, «lasciamo che il Parlamento lavori tranquillamente». Insomma dal Colle non arriva nemmeno una risposta, c'è solo la calma olimpica, l'ostentazione della serenità, il distacco istituzionale per un'ipotesi che appare comunque molto lontana e politicamente assai incerta. Il capo dello Stato, che «non vuole interferire, né intende commentare» il dibattito tra i partiti, sembra più in sella che mai e guarda lontano: tanto per dire, l'anno prossimo andrà in Cina per sigillare le nuove intese con Pechino dopo l'uscita italiana dalla Via della Seta. Intanto, finita l'ultima pausa estiva, rieccolo sulla scena.

E no, non parlerà oggi a Porta San Paolo, per l'ottantesimo della difesa di Roma da nazisti: del resto quello che pensa sull' «ora del riscatto» di un popolo, sulla Liberazione e sulla Costituzione Sergio Mattarella l'ha detto pochi giorni fa a Torre Pellice. «Il valore della Patria sta nella capacità di costruire nella democrazia il futuro di una comunità responsabile». Silenzio assoluto dunque pure sul premierato, la riforma che potrebbe togliere al Colle alcuni poteri non da poco. «Non ci sono e non ci saranno commenti perché questo è un argomento di esclusiva competenza parlamentare».

Nessuna reazione significa nessun allarme. Siccome la strada della riforma sarà complessa e contrastata, è del tutto inutile agitarsi prima del tempo. Certo, il restyling su cui la maggioranza sta ragionando non è un ritocchino marginale: l'elezione diretta del premier restringerebbe infatti parecchio il perimetro delle competenze del Colle, che perderebbe il potere di nomina dei ministri e quello di sciogliere le Camere. Che farebbe Sergio Mattarella in questo caso? Rimetterebbe il mandato, come ipotizzano alcuni osservatori? Resterebbe al suo posto?

Da Quirinale per il momento si tengono a distanza dalle polemiche. «Di fronte a proposte o a leggi di iniziativa parlamentare, il presidente della Repubblica non può che tacere». È la regola aurea, il principio cardine del bon ton istituzionale, ripetuto come un mantra dai consiglieri. «Il capo dello Stato non può né vuole intromettersi nel dibattito politico perché è un argomento che esula dal raggio di competenza delle sue prerogative. Le Camere faranno con serenità il loro lavoro». Non resta che aspettare.

Però insomma, non c'è proprio aria di abbandoni prematuri, neanche in caso di una nuova vittoria elettorale del centrodestra alle europee del 2024. Anzi, più passano le settimane, più viene fuori quanto il Colle stia riparando il governo sotto il suo ombrello. Uno scudo offerto non tanto a Giorgia Meloni quanto al Paese: il risultato non cambia, la premier, alle prese con una difficile legge di bilancio, ha bisogno anche di Mattarella per trattare con i partner europei il nuovo Patto di stabilità. Non è un caso che, ogni volta che parla di Ue, il capo dello Stato chieda più coesione e maggiore divisione di responsabilità, soprattutto sull'immigrazione. «No ai muri e flussi sostenibili». E pure il viaggio in Cina servirà a Palazzo Chigi per ricucire e tenere aperti i mercati orientali. «Abbiamo bisogno del presidente della Repubblica», ha ripetuto l'altro giorno Antonio Tajani da Pechino. E Mattarella è sereno, neanche il libro di Vannacci lo ha turbato più di tanto. Il caso del generale è stato sistemato al Meeting di Cl, quando il presidente ha spiegato come l'Italia sia il Paese della tolleranza e delle molteplicità etniche, culturali e religiose e ha invitato la politica ad occuparsi dei problemi dei cittadini: bollette, sicurezza, lavoro, le questioni concrete. Da qui l'incontro di martedì con la ministra Calderone dopo la strage di Brandizzo e i prossimi appuntamenti segnati sullo scadenzario. Dalla cerimonia a Porta San Paolo alla commemorazione dell'affondamento della nave Roma, dall'inaugurazione dell'anno scolastico a Forlì all'assemblea della Confindustria, fino al vertice di Porto e alla conferenza delle Regioni.

Agenda fittissima, vorrà dire qualcosa.

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